Cantagiro tutto italiano – Sicilia

 

 

 

Rosa Balistreri (Licata 21/3/1927 – Palermo 20/9/90), nacque da una famiglia molto povera e visse un’infanzia e una giovinezza nella miseria e nel degrado sociale, nel quale viveva l’intera Marina di Licata a quell’epoca. Rosa cantava per le vie del quartiere a squarciagola, la sua rabbia e il suo disagio. La famiglia si trasferì poi al nord, ma a quindici anni, ritornò a Licata, dove Rosa veniva chiamata per cantare in chiesa a battesimi e matrimoni, indossando per la prima volta le scarpe in vita sua. A sedici anni fu data in sposa, ma il suo matrimonio fu ancora più misero e squallido della sua infanzia, tanto da portarla, per una serie di avvenimenti negativi, in carcere. Superato questo triste periodo, incontrò il pittore Manfredi, con il quale visse per dodici anni, trascorrendo un periodo sereno e ricco di amore della sua vita. Ebbe inoltre la possibilità di incontrare personaggi dell’arte e della cultura famosi. Incise così il suo primo disco, tramite la casa Ricordi, iniziando così la sua carriera di cantautrice originale ed esecutrice di revival, riproponendo nei suoi spettacoli quel vasto bagaglio di canzoni appreso durante l’infanzia. A Bologna instaurò una seria e preziosa amicizia con il poeta dialettale Ignazio Buttitta e al cantostorie Ciccio Busecca che la aiutarono così ad entrare a pieno titolo nel mondo dello spettacolo, Partecipò allo spettacolo di Dario Fo, calcò le scene dei maggiori teatri italiani ed esteri. Nel 73 prese parte al festival di Sanremo con la canzone “Terra che non senti”. Accompagnò la Proclemer nel suo spettacolo teatrale in Italia “La lupa”. Partecipò attivamente fino all’87 a spettacoli e varietà. Nel frattempo si era ristabilita in Sicilia, a Palermo, dove morì nel 1990 nell’ospedale Villa Sofia, colpita da un ictus, tra il cordoglio della sua città e dell’Italia tutta.

La canzone “Terra ca nun senti” da il titolo all’album omonimo di Rosa Balistreri. sembra il resoconto della prima parte della vita della cantante, “vent’anni di turmentu cu lu cori sempri in guerra”. La vita così vissuta è una maledizione ed allora “malidittu dru mumentu ca grapivu l’occhi in terra” “maliditti tutti st’anni”.
La canzone è di forte impatto, esprime l’attaccamento alla terra di Sicilia, ma è anche un forte rimprovero a questa terra bella, ma desolata, che vede morire i propri figli, li vede partire emigrati e non fa niente. Il rimprovero è in effetti rivolto ai politici, alla miope politica sul lavoro, ai governanti di Roma che fanno languire questa terra piena di bellezze paesaggistiche, di risorse culturali non sfruttate; non resta altro da fare che piangere.

 

Franca Furbatto

 

 

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