Archivio della Categoria 'Sport'

Filigrane del Giro d’Italia (terza tappa)

mercoledì 10 settembre 2014

Al passaggio della bufera l’empio cessa di essere,

ma il giusto resterà saldo per sempre. (Proverbi 10:31)

Sono oltre tre i mesi passati dalla pubblicazione della seconda tappa, tuttavia vorrei riprendere il giro che per tutto questo tempo ha forzatamente riposato. Desidero anche spiegarne il motivo, tra l’altro molto banale: l’elettrodomestico (tale è la mia irriverenza verso questo mezzo di scrittura) che mi serviva per tradurre dalla testa al video i miei pensieri si è rotto, in modo definitivo.

Avevo cominciato a pedalare da Fossano, dove mi ero fermato per raccontare la storia di Lorenzo, per dirigermi in Canavese, passando per Volpiano e poi fare tappa a Rocca Canavese, teatro di una delle più orrende stragi sul lavoro di cui si abbia memoria, senza che oggi ne sopravviva quasi traccia e ricordo.

Rocca, vent’anni prima del Novecento, contava oltre tremila abitanti; le nuove attività che nel frattempo si stavano sviluppando in Italia fecero sì che il comune lentamente si spopolasse. Nel 1924 la popolazione si era ridotta quasi di un quarto, e l’emigrazione è uno dei segnali che più prepotentemente connota un’economia locale.

Grande sollievo fu tra gli abitanti rimasti quando la Phos Italiana nel 1923 aveva aperto proprio a Rocca la sua fabbrica per la produzione di fiammiferi. Aveva anche un brevetto che le permetteva di primeggiare: i suoi erano fiammiferi la cui fiamma non si spegneva. C’era un piccolo però: la polvere che andava depositandosi sul pavimento durante la produzione faceva sì che, quando le si camminava sopra con gli zoccoli di legno, sotto questi ultimi sprizzavano scintille. Niente di cui preoccuparsi, così dicevano.

Erano state assunte qualche decina di operai: il salario era davvero misero, tuttavia contribuiva in modo determinante a condurre una vita migliorativa rispetto alla media. Erano quattro o cinque lire al giorno ma le ragazze, la forza lavoro era costituita prevalentemente da loro, erano contente: la maggior parte era ancora bambina, dai dodici anni in su. È l’età, questa, in cui la vita è come un’aiuola dove si spargono i primi fiori dei sogni e dove qualcuno comincia a seminare qualche piantina, per vedere se un giorno diventerà un albero robusto alla cui ombra ci si potrà anche ristorare dalle fatiche della vita.

È il 15 marzo 1924: un incendio si sviluppa; intervengono i Vigili del fuoco che da Torino per raggiungere il luogo del disastro, in relazione alle condizioni delle stradine canavesane dell’epoca, impiegano due ore. L’incendio divampa ed avvolge quasi del tutto l’intero fabbricato. Fra gli scoppi e nelle fiamme periscono ventun persone: le vittime sono tre operai e diciotto operaie tra i dodici e i vent’anni! Qualcuna si salvò, buttandosi da una finestra riportando “solo” la frattura a una gamba.

L’ultima operaia sopravvissuta al disastro morì nel 2003 all’età di novantasei anni, di quell’evento non ne avrebbe mai più voluto parlarne: certamente il ricordo di quell’esperienza terribile la deve avere provata per il resto della sua vita.

Foto RoccaIn quell’Italia di allora il disastro fu sottaciuto perché nel nostro Paese -da un paio di anni c’era una “nuova era” in Italia- tutto si diceva funzionasse molto bene, e in un Paese in cui tutto funzionava così bene, certi avvenimenti non avevano alcuna probabilità di accadere, o per meglio dire, anche quando fossero successi, non “dovevano” essere mai successi.

Ai funerali parteciparono, si dice, circa 10 mila persone da gran parte del Canavese.

I parenti delle vittime furono risarcite: il Sindacato Subalpino di Assicurazione pagò cinque annualità di salario cui si aggiunsero 52 mila lire derivanti da una sottoscrizione popolare.

Io una risposta me la sono data circa le radici del disinteresse e i possibili motivi della scomparsa della documentazione su questa tragedia sul lavoro, forse può essere solamente troppo politica: “Non era successo nulla”!

Saltiamo nuovamente in sella … la tappa sarà molto breve.

Filigrane del Giro d’Italia (seconda tappa)

domenica 1 giugno 2014

Al passaggio della bufera l’empio cessa di essere,

ma il giusto resterà saldo per sempre. (Proverbi 10:31)

Saltiamo in sella sulla nostra bici alata e cominciamo a pedalare da Fossano, dove nel 1904 è nato …

 

Lorenzo: dignità nella disperazione

“Lorenzo era un uomo; la sua umanità era pura e incontaminata, egli era al di fuori di questo mondo di negazione. Grazie a Lorenzo mi è accaduto di non dimenticare di essere io stesso un uomo”

(Primo Levi, Se questo è un uomo).

Lorenzo Perrone è un abile muratore; alla ditta, presso cui lavora, vengono richiesti operai esperti da impiegare a Monowitz: questo campo di lavoro fu uno dei tre principali che formavano il complesso concentrazionario situato in prossimità di Auschwitz, in Polonia.

Tra “gli ospiti del Lager”, così come li definisce egli stesso in “Se questo è un uomo”, c’è Primo Levi: catturato il 13 dicembre 1943, arrivò ad Auschwitz nel febbraio 1944 e rimase qui internato ad Auschwitz III-Monowitz fino al gennaio 1945.

Né si può dire che Levi fosse particolarmente beneviso o godesse della solidarietà degli altri internati ebrei, come si potrebbe immaginare nella drammaticità in cui versava quella disperata comunità; il fatto di queste disattenzioni risiede nella sua non conoscenza dell’yddish.

Nell’immaginario collettivo quella dei campi di concentramento è da tutti considerata come un’esperienza limite dell’umanità, ma non dimentichiamo che non è stata solo ed unicamente nazista: circa 20 milioni di russi furono eliminati nei lager sovietici negli anni Venti e durante quelli del terrore stalinista. Questa sarebbe una stima molto prudenziale perchè non esiste certezza sul numero del genocidio sovietico: infatti Solgenitsin e altri dissidenti parlano in genere di 60 milioni di vittime!

E non trascuriamo neppure altri genocidi, ancora più recenti, per i quali ci sarebbe da scrivere lunghe pagine di orrori compiuti in nome di un’ideologia.

Torniamo a Levi e a Perrone: in qualche modo si conoscono (fonti diverse citano che uno dei due abbia sentito parlare in dialetto piemontese l’altro oppure viceversa).

In un clima di terrore, di freddo, di fame, di malattia e di immanente fine esiste solo “mors tua, vita mea”. Ma non sempre è così: ed ecco il perchè della granitica citazione iniziale.

Lorenzo Perrone viene a conoscenza della terribile condizione dei deportati. Nei momenti più bui dell’umanità, alcuni Uomini, quelli che meritano essere scritti con la U maiuscola, riescono ad esprimere i sentimenti più alti e più nobili.

A costo della propria vita, da quel momento e fino al dicembre 1944, procurerà, per sfamare Levi, un po’ di cibo in più, rinunciando a parte del suo, oppure, sembra, anche rubandolo dalla cucina; gli farà avere una maglia per proteggersi un po’ meno peggio dal rigori del freddo e manterrà, in modo rocambolesco, la corrispondenza con la sua famiglia.

In cambio di tutto questo non chiede nulla.

Per mettere in evidenza la bontà dell’animo e l’umanità di quest’uomo occorre raccontare l’ultimo incontro tra i due, che avviene mentre il fronte si avvicina  sotto pesantissimi bombardamenti: Lorenzo, in quel frangente e nonostante tutto, si scusa con Levi perché nella minestra, che gli sta porgendo, è finito del fango a seguito dell’esplosione di una bomba, senza fargli pesare il fatto che, nel portagli il piatto, è rimasto ferito a un timpano.

Perrone, si dice, sia tornato in Italia a piedi; giunto a Torino, va a far visita ai familiari di Levi: all’offerta di accettare almeno il pagamento del biglietto del treno, per abbreviare il suo ritorno a casa, rifiuta: “Sono arrivato fin qui a piedi, posso andare a casa ancora a piedi” si racconta abbia risposto.

Levi, attraverso Perrone, trova la forza per resistere alla disperazione e scriverà “Per quanto di senso può avere il voler precisare le cause per cui proprio la mia vita, fra migliaia di altre equivalenti, ha potuto reggere alla prova, io credo che proprio a Lorenzo debbo di essere vivo oggi; e non tanto per il suo aiuto materiale, quanto per avermi costantemente rammentato, con la sua presenza, con il suo modo così piano e facile di essere buono, che ancora esisteva un mondo giusto al di fuori del nostro, qualcosa e qualcuno di ancora puro e intero, di non corrotto e non selvaggio, estraneo all’odio e alla paura”

Levi, finito l’orrore della guerra, prenderà contatto con Perrone e lo incontrerà a Fossano. Perrone si ammalerà e Levi provvederà al suo ricovero per curare la tubercolosi che gli sarà fatale. In suo onore darà alla figlia il nome Lisa Lorenza e al figlio Renzo.

Il 7 giugno 1998, Yad Vashem riconosce Perrone come Giusto fra le Nazioni. Il suo è il dossier 3712.

Il prossimo traguardo sarà a … qui in zona canavesana

L. Garombo

Filigrane del Giro d’Italia

martedì 27 maggio 2014

A cent’anni dalla nascita di Gino Bartali, il Giro d’Italia passa per la seconda volta a Volpiano: noi tutti ricordiamo Bartali per le vittorie in tre Giri d’Italia e le due nel Tour de France, l’accesa “guerra” con Coppi, due personaggi agli antipodi nello sport e nella vita che hanno diviso l’Italia di allora.

Tuttavia il “toscanaccio” ha un’ultima vittoria che nessuno potrà mai strappargli: l’alloro della sua vittoria più bella l’ha colto quando ormai qui sulla Terra non era rimasto che il vento delle sue volate.

Gino, negli anni della guerra, tra il 1943 e il 1944, si allenava, si allenava e si allenava ancora, percorrendo Firenze – Assisi e Assisi – Firenze in modo quasi maniacale, non un minimo di fantasia: la Toscana è davvero così bella che merita essere vista tutta. Perché limitarsi?

No, Gino sempre Firenze-Assisi e ritorno.

Erano i tempi in cui l’Italia era occupata, il termine esatto per me è questo, dal nostro “alleato” tedesco.

Certamente la noia lo avrà anche sopraffatto qualche volta, penso sia naturale; no, su di lui non ebbe mai effetto alcuno.

Firenze-Assisi e ritorno, poi di nuovo, pedalata dopo pedalata.

Gli saranno passati per la testa mille pensieri durante la monotonia di quel percoso, forse immaginava tattiche o strategie future; oppure riesaminava quelle delle vittorie passate?

Firenze-Assisi e ritorno.

Nella testa di Gino passava un solo pensiero: quello della strada, ma la strada giusta, che ognuno di noi ha da percorrere nella vita.

Firenze-Assisi e ritorno

Ogni tanto qualche pattuglia tedesca lo fermava, ma lui era Gino Bartali (si leggeva nome e cognome, ben visibile sullo stomaco e sulla schiena della maglia che indossava durante questi allenamenti), ma da buon toscano se ne liberava con qualche battuta e riprendeva sempre la strada, quella giusta.

Firenze-Assisi e ritorno

Quella che lui montava non era solo una bicicletta, tubi, manubrio o sella: era una specie di polveriera che poteva farlo “saltare in aria” ad un minimo errore; sì, perchè nei tubi del telaio, nel manubrio, nella sella erano nascosti documenti falsi che, abilmente occultati nella bicicletta, partivavo dall’Arcivescovado di Firenze per arrivare ad Assisi, documenti destinati a Ebrei che, in questo modo riuscirono a salvarsi dalle grinfie naziste.

E Gino, novello Mercurio a pedali … Firenze-Assisi e ritorno

E la strada, quella giusta, lo portò nel 2013 al giardino dei “Giusti tra le nazioni”: quasi un migliaio di ebrei Gli (non è un errore, merita la G maiuscola) devono la loro sopravvivenza.

Lui, Gino Bartali, toscano, gran campione delle due ruote, lui la strada giusta la conosceva.

Dopo un doveroso pensiero al ciclista puro, riprendo il discorso della tappa.

Al passaggio della bufera l’empio cessa di essere,
ma il giusto resterà saldo per sempre. (Proverbi 10:31)

Può sembrare molto strano abbia iniziato un commento alla tredicesima tappa del Giro d’Italia, che ha attraversato il nostro Comune proprio venerdì, con una citazione biblica. Tuttavia il nesso esiste, eccome!

Quella di venerdì non è stata una tappa comune, bensì una tappa in cui si può anche percepire una sottesa celebrazione della dignità umana, fors’anche di avvenimenti o persone poco noti; e per alleviare la fatica di leggermi, lo pubblicherò a puntate.

Fossano – Rivarolo Canavese: poco meno di 160 chilometri ricchi di spunti attorno a questo argomento.

Comincerò da Fossano, dove …

A presto, anzi prestissimo

P.S. Filagrana non ha plurale, ma me lo sono voluto concedere egualmente.

L. Garombo

Trekking sul Gran Paradiso

venerdì 20 settembre 2013

e eccovi anche le foto del trekking (per vederle tutte andate sul sito del CAI di Volpiano, nell’articolo precedente vi ho messo anche il link)

come vedete non era una “gitarella di tutto riposo” a me vien male solo a guardare e contemporaneamente prov un’invidia terribile per chi può fare queste cose in posti meravigliosi, io mi accontenterò delle foto

trek3

trek 1

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ciclisti

giovedì 19 settembre 2013

eccovi la foto promessa: non solo i ciclisti di Castries ma anche i volpianesi de la Goma Molaciclisti castries

In bici e a piedi il gemellaggio continua

mercoledì 18 settembre 2013

quest’anno gli amici di Castries hanno voluto essere…sportivi! (nel 2014 saranno musicali)

seguendo le orme di Carlo Cauda che arrivò in bici a Castries nel 2011 per la firma del gemellaggio ben 7 ciclisti francesi sono arrivati qui il 6 di settembre (le foto le ho perse ma vi prometto di rimandarle appena le avrò di nuovo!!) Il 7 sono arrivati 9 “randonneurs” pronti al trekking organizzato dal Cai Volpiano. Se i ciclisti, non stanchi dei tre giorni di pedalate, sabato 7 hanno pedalato per il Canavese in compagnia dei ciclisti nostrani, i “pedoni” si sono preparati al trekking partecipando alla “nonna in cariola”! Un rappresentante di Castries ha pure partecipato alla giornata AIDO a Torino in compagnia dei rappresentanti volpianesi.

Vi allego quanto appare sul sito del Cai con il link dove vedere bellissime fotografie. Un solo commento: alcuni dei castrioti erano più argentati di noi, più vicini agli 80 che ai 70 e guardate cos’hanno fatto!

“Anche il CAI volpiano ha portato il suo contributo al programma del gemellaggio tra Volpiano di Castries. Tra Venerdi 6 di Settembre 2013 sono arrivati due gruppi di Castries, un gruppo di ciclisti è arrivato dopo un viaggio in 3 tappe da 160 km ciascuna, un secondo gruppo di escursionisti sono arrivati il sabato (in auto). Il w-e è trascorso partecipando con successo al trofeo della “nonna in carriola” organizzato dal borgo Columbera e trascorrendo le serate in amicizia presso il padiglione della festa del borgo. I ciclisti sono poi tornati a Castries la domenica sera, il lunedi mattina invece i 9 randonneurs si sono uniti a un nutrito gruppo di soci CAI (in alcuni giorni è stato anche di 10), il gruppo italo-francese è cosi partito per un trekking di 5 giorni tutto all’interno del Parco Nazionale del Gran Paradiso. Il percorso è partito da Ceresole Reale, attraverso la strada di caccia ha raggiunto il rifugio Savoia presso il colle del Nivolet, il giorno successivo passando per il col Rosset abbiamo raggiunto il Rifugio Benevolo, Dal Benevolo abbiamo poi proseguito, e attraverso il colle Bassac Dèré abbiamo raggiunto il rifugio Bezzi posto alla testa della Valgrisanche, tappa spettacolare con passaggi vicino ai ghiacciai visibili in tutta la loro grandezza. Dal Bezzi con una tappa di trasferimento, dove qualcuno non abbastanza pago ha fatto una digressione per raggiungere il bivacco Ravelli, e siamo arrivati all’ultimo rifugio del tour, il rifugio Epee. L’ultimo giorno abbiamo raggiunto il col Fenetre da cui si godeva una vista sia sul monte Bianco che sul gran Paradiso che, favorita dal bellissimo tempo, era di una bellezza emozionante. Il meteo ci ha sempre favoriti per cui non ci sono stati problemi particolari. Alla fine i ringraziamenti: Grazie ai soci CAI che hanno partecipato e alla sezione che ha supportato economicamente l’iniziativa, un grazie particolare va ad Alfredo che nella doppia veste di socio organizzatore e di presidente di Terre di Guglielmo con Pina ha assicurato l’accoglimento presso le famiglie, la serata finale e ha risolto i piccoli problemi organizzativi che si sono creati. Per finire ringrazio gli autisti che ci hanno portati e ci sono venuti a prendere risparmiandoci una bella fatica, per cui grazie a Angelo,Carlo,Giovanni,Piero,Romeo,Mauro. Grazie anche a Angelo, Piero, Sci club, ASD Volpiano che hanno messo a disposizione i mezzi. Franco P.S. Gli amici di Castries stanno già pensando a un trek dalle loro parti la prma estate….per cui state pronti.”

eccovi il link per vedere le foto

http://www.caivolpiano.it/gallerie/foto%20gite/2013/TREK%20-%202013%20Granpa%20settembre/index.html

medaglia d’argento ai mondiali

domenica 18 agosto 2013

ma avete visto che l’unica medaglia ai mondiali di atletica è “nostra”? La vincitrice dell’argento infatti è Valeria Straneo, già arrivata ottava nella maratona alle olimpiadi di Londra, è sì di Alessandria ma è un’atleta della “nostra” società sportiva Runner Team!! complimenti a lei, non giovanissima e con  due figli per la sua volontà e anche alla società. Un’idea Valeria potrebbe essere una delle figurine Panini di Volpiano?

Nordic walking in Vauda

mercoledì 26 ottobre 2011

Sono  iniziate da tre settimane  le camminate , in Vauda il mercoledi’ dalle nove e trenta alle dieci trenta – undici, in compagnia di Cassandro Dolfi, istruttore nazionale di nordic walking.

Che cos’e’ il nordic walking? Lo dirò con parole mie: una camminata sciolta, con l’ausilio di due bastoncini che ti aiutano ad andare lontano, ti supportano nelle salite, discese, ma anche nella normale camminata in pianura. Puoi praticare questa tecnica ovunque all’aria aperta e in compagnia: due binomi importanti. Il terreno ideale pare che sia proprio una componente di salite e discese, non troppo ripide, alternate a camminate in piano. L’aiuto dei bastoncini fa sì che si mettano in moto tutta una serie di muscoli che consentono il corretto funzionamento dell’apparato cardiocircolatorio. Naturalmente per apprendere questa tecnica occorre coordinare il movimento gambe – braccia, con ampi movimenti, occorre poi una corretta postura, spalle sciolte e muscoli del collo decontratti, movimento molleggiato sui piedi (si devono vedere la suola e il tacco delle scarpe), sguardo alto a due tre metri e infine apertura e chiusura della mani sui bastoncini. Naturalmente corretta respirazione.

Quante cose ho imparato in questi incontri mentalmente, non è così  semplice metterli in pratica tutti, ma con l’esercizio e la buona volontà penso di riuscirci. Inoltre Cassandro è dotato di una pazienza infinita e di un entusiasmo contagioso.  Penso che tecniche e competenza sono facili da trasmettere per un istruttore, più difficile é trasmettere  l’emozione e la passione: si tratta di infondere  fiducia nelle proprie capacità e avvicinare le persone alla natura.

Certo sono emozioni e sentimenti che ognuno deve far scaturire da sè, ma se c’è  l’aiuto di un ‘istruttore  preparato che ti comunica forza ed energia il risultato dovrebbe essere assicurato.

Le camminate che abbiamo fatto sono state davvero entusiasmanti: intanto le  giornate sono state ancora bellissime, nonostante l’autunno; anzi questa stagione ha come protagonisti principali caldi colori che assumono le sfumature più varie: dal verde, al giallo, al marrone, al rossiccio. Il cielo sopra di noi limpido, ci  ha seguito  benevolo, così il sole che splende a dispetto della prima foschia mattutina. I sentieri sono coperti di foglie, l’aria  è filtrata dalla pioggia  caduta nella notte e ti entra pura nei polmoni. I profumi di muschio, di erbe, di betulle, di funghi, di acqua, di argilla penetrano nelle nostre narici. I rumori di rami secchi calpestati, il fruscio della brezza tra gli alberi, la danza delle foglie che cadono, il gorgoglio dell’acqua che scorre, il tic tac dei bastoncini che battono sul terreno o sulle pietre,  la limpidezza delle nostre risate e il ciacolio  dalle nostra chiacchere fanno da eco alle nostre passeggiate.

Dimentichiamo per qualche ora  il ritmo frenetico delle nostre giornate, l’incalzare degli impegni che ci aspettano, le faccende quotidiane da sbrigare e ci  immergiamo in un mondo fantastico. Ci sintonizziamo con noi stesse e poi con la natura……. senza perdere le spiegazioni interessantissime e scrupolose di Cassandro.  In queste camminate mi rendo conto di aver utilizzato i quattro sensi: udito, vista, olfatto, tatto; peccato non siamo nelle stagione delle more o dei lamponi, abbiamo solo trovato ghiande, non commestibili, altrimenti avremmo fatto l ‘enplain con il gusto.

Cassandro ci ha spiegato che  Volpiano, in Vauda, detiene venti chilometri di sentieri, tutti comunali, gestiti da volontari, come lui, che si occupano della manutenzione e sicurezza degli stessi. I percorsi sono stati inaugurati il 3 ottobre del 2008 e sono a disposizione di tutti. Si tratta di una importante risorsa naturale presente sul nostrto territorio e davvero poco conosciuta.

Dico tutto questo perchè io per prima pur essendo stata in Vauda diverse volte, percorrevo sempre gli stessi sentieri, senza cercare di conoscerne altri. E’ invece una grande opportunità questa che ci viene offerta attraverso queste passeggiate, aperte a tutti, anche alle famiglie, ai ragazzi: conoscere il territorio e imparare una tecnica di camminata che ci agevola, facendoci percorrere più distanze e  mettendo in moto tutto il corpo.

A proposito al momento siamo in sette oltre all’istruttore, se volete unirVi a noi , sappiate che siamo un bel gruppo e Voi sarete i benvenuti.

Franca.

museo del grande Torino e della leggenda granata

sabato 25 giugno 2011

Come ho già scritto, con i ragazzi di Castries abbiamo visitato questo interessante museo (è a Grugliasco, gestito da volontari e tra le guide c’è anche la nostra concittadina Sandra Becchio).

Eccovi la foto ricordo davanti alla villa che lo ospita

France 18 6 2011

Il mio sport preferito

venerdì 22 ottobre 2010

Il mio sport preferito è la bicicletta.

Per  tre giorni alla settimana  con un gruppo facciamo dei giri in bicicletta abastanza  lunchi, andiamo verso le colline ,altre volte  invece verso le montagne , è faticoso  pero quando sei arrivato in alto la soddisfazio di avercela fatta ,ti fasentire meno stanco , è di vedere da lassu il panorama  meraviglioso ,  soprattutto se cè una bella giornata di sole poi si riprente la strada verso casa