Cantagiro tutto italiano – Salento
Questa canzone é dedicata a Nenuccia, mia suocera, alla sua terra tanto amata, Calimera, che portava sempre nel cuore e alle sua genti che possiedono una straordinaria generosità d’animo, un forte senso della famiglia, tanta voglia di lavorare, anche a costo di duri sacrifici, una fortissima capacità di adattamento ed una contagiosa vitalità ed allegria. Parecchie volte le ho sentito cantare questa canzone, come altre (Matinata, Pai Pai, Tarantella…), che interpretava con una voce melodiosa e nostalgica.
Il canto vuole essere un omaggio intimo alla tradizione della Grecia Salentina, area del sud d’Italia in cui sopravvivono una lingua e una cultura di origine greca: il griKo. Il canto “Aremu rendineddha” descrive lo struggimento per la lontananza dalla propria terra, tanto amata. E’ una lingua melodiosa, dolce, che risuona tra stradine e corti, tra ulivi e campi di grano, sulle rocce in riva al mare, lungo le coste battute dal vento. La canzone qui é riproposta da un gruppo musicale, che ha portato avanti in questi anni, grazie al contributo di personaggi importanti nella tradizione musicale locale, lo studio di canti antichi, che si sono tramandati anche solo oralmente, di generazione in generazione, fino ad arrivare ai giorni nostri a permetterci di gustare l’essenza intima e struggente di questa terra e delle loro genti.
Il Salento é una terra antica, anzi una “pietra” antica, per la morfologia del terreno, per il dilavamento che le acque hanno operato in milioni di anni , per il vento e il mare che hanno battuto senza sosta le sue coste e scompigliato le sue dune di sabbia, piegando le fronde delle sue pinete. Gli ulivi che ricoprono il Salento con il loro manto argenteo, sembrano proteggerlo dal sole che abbaglia ed addormenta: ulivi contorti, antichi patriarchi che, anche se stanchi e malati, ancora cercano di tirare fuori l’anima della terra, come a non volere arrendersi. Una terra accogliente da sempre, generosa, una terra dove la parola “staniero” suona, essa sì, straniera. Così gli abitanti senza fatica, sono ospitali, ti danno subito del “tu”, favoriscono l’incontro tra le genti, lo cercano, come a soddisfare una naturale esigenza dell’anima. I segni della storia si accavallano, si confondono, si fondono, anche perchè si sono fermati in tanti lungo le coste; qualcuno ha dato molto, come i Greci, altri hanno solo depredato come i Turchi e i pirati saraceni, altri hanno conosciuto la loro rinascita, quando sono approdati stanchi e disperati su questi lidi. Nel cuore di questa terra, in uno scrigno di storia e di cultura, muti testimoni del tempo, raccontano le fatiche dell’uomo e della natura, ma anche tante storie di vite personali, di emigrazioni verso terre straniere, di lontananza, di nostalgia, ma anche di integrazione, di successi, di opportunità di lavoro, di incontri, di amori e di speranza.
Franca Furbatto
6 febbraio 2015 alle 11:06
Struggente e sentita nel profondo dell’animo, sia la canzone, sia il testo di Franca.
È’ quasi una dichiarazione d’amorep
6 febbraio 2015 alle 11:38
Terre meravigliose, piene di colori, luce e profumi. Gli abitanti sono influenzati da tanta generosità da parte della Natura e il loro carattere è una conseguenza. Come il nostro, che viviamo in posti più grigi…