Novena di Natale a racconti – Finale insolito

NON C’È POSTO NELLA LOCANDA

Guido Purlini aveva 12 anni e frequentava la prima media. Era già stato bocciato due volte. Era un ragazzo grande e goffo, lento di riflessi e di comprendonio, ma benvoluto dai compagni. Sempre servizievole, volenteroso e sorridente, era diventato il protettore naturale dei bambini più piccoli.

L’avvenimento più importante della scuola, ogni anno, era la recita natalizia. A Guido sarebbe piaciuto fare il pastore con il flauto, ma la signorina Lombardi gli diede una parte più impegnativa, quella del locandiere, perché comportava poche battute e il fisico di Guido avrebbe dato più forza al suo rifiuto di accogliere Giuseppe e Maria.

«Andate via!»

La sera della rappresentazione c’era un folto pubblico di genitori e parenti. Nessuno viveva la magia della santa notte più intensamente di Guido Purlini.

E venne il momento dell’entrata in scena di Giuseppe, che avanzò piano verso la porta della locanda sorreggendo teneramente Maria. Giuseppe bussò forte alla porta di legno inserita nello scenario dipinto. Guido il locandiere era là, in attesa.
«Che cosa volete?» chiese Guido, aprendo bruscamente la porta.
«Cerchiamo un alloggio».
«Cercatelo altrove. La locanda è al completo». La recitazione di Guido era forse un po’ statica, ma il suo tono era molto deciso.
«Signore, abbiamo chiesto ovunque invano. Viaggiamo da molto tempo e siamo stanchi morti».
«Non c’è posto per voi in questa locanda», replicò Guido con faccia burbera.
«La prego, buon locandiere, mia moglie Maria, qui, aspetta un bambino e ha bisogno di un luogo per riposare. Sono certo che riuscirete a trovarle un angolino. Non ne può più».

A questo punto, per la prima volta, il locandiere parve addolcirsi e guardò verso Maria. Seguì una lunga pausa, lunga abbastanza da far serpeggiare un filo d’imbarazzo tra il pubblico.
«No! Andate via!» sussurrò il suggeritore da dietro le quinte.
«No!» ripeté Guido automaticamente. «Andate via!».

Rattristato, Giuseppe strinse a sé Maria, che gli appoggiò sconsolatamente la testa sulla spalla, e cominciò ad allontanarsi con lei. Invece di richiudere la porta, però, Guido il locandiere rimase sulla soglia con lo sguardo fisso sulla miseranda coppia. Aveva la bocca aperta, la fronte solcata da rughe di preoccupazione, e i suoi occhi si stavano riempiendo di lacrime.

Il finale di Guido

Tutt’a un tratto, quella recita divenne differente da tutte le altre. «Non andar via, Giuseppe» gridò Guido. «Riporta qui Maria». E, con il volto illuminato da un grande sorriso, aggiunse: «Potete prendere la mia stanza».

Secondo alcuni, quel rimbambito di Guido Purlini aveva mandato a pallino la rappresentazione.
Ma per gli altri, per la maggior parte, fu la più natalizia di tutte le rappresentazioni natalizie che avessero mai visto.

E’ proprio vero, come è possibile rifiutare il nostro aiuto, tradire il nostro innato spirito di accoglienza di fronte alla sofferenza e alla richiesta di aiuto, sia che questa arrivi da una piccola famigliola, sia da persone che hanno freddo e fame, sia da persone con colore diverso della pelle o lingua incomprensibile.

I media ci bersagliano con messaggi e notizie negative fino a farci credere che tutto e tutti intorno a noi siano persone e luoghi di cui diffidare. Ma non è cosi’, qualcuno diceva che fa piu’ rumore un albero che cade che una foresta che cresce.

Rifflettiamo su questo e apriamo le nostre porte e i nostri cuori agli altri, ne verremo riscaldati.

Franca.

2 Commenti a “Novena di Natale a racconti – Finale insolito”

  1. Gaspara Paietta scrive:

    vedo che natale ispira tanti, tanti auguri a tutti, soprattutto a chi ha problemi e pensieri, che tutto si possa risolvere e che sia un momento in cui ci possiamo sentire vicini a quelli che trascuriamo durante l’anno (e se provassimo a non trascurarli?)

  2. Piera Camoletto scrive:

    Molto bello il finale della novella.
    Sicuramente, quando siamo capaci di aiutare il prossimo, sentiamo nel cuore tanta gioia.
    Proprio come il buon locandiere Guido Purlini.

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