Le quaglie farcite

Ci sono, a volte nella vita, cose che ti ricordi perché sono state significative e, seppur piccole, tuttavia ti hanno dato un insegnamento grande, che ti accompagnerà per sempre.

Questa è una di quelle: una storia di tanti anni fa, di quand’ero giovane. Una storia breve.

All’epoca dei fatti mi occupavo dello sviluppo commerciale di una rete di collaboratori. Uno di questi mi aveva creato quello che si definisce un problema, anche piuttosto importante. Erano ormai diversi giorni che mi arrovellavo attorno ad un appianamento della situazione che potesse essere sostenibile anche da parte sua, e i miei pensieri erano concentrati su questa idea, tanto da non accorgermi, quasi “non vedere” intorno a me le persone che mi circondavano e, soprattutto, quelle che mi volevano bene.

Quella sera ero arrivato a casa, forse anche un po’ più tardi del solito, ma era estate ed era ancora chiaro. Mi misi a tavola assorto nelle mie elucubrazioni e, senza neppure fare caso a quello che c’era nel piatto, iniziai la cena. Il secondo era qualcosa di un po’ diverso, non me ne curai e continuai a mangiare.

“E io che ho passato il pomeriggio a cucinare per te!”

Già, perché con le persone che ti vogliono bene, assumi comportamenti che a volte sono sconvenienti, quasi che tutto ti sia dovuto: le quaglie erano la dimostrazione dell’affetto di chi, pur avendone di propri, si era accorto dei miei problemi, e senza chiedere nulla, voleva testimoniarmi comprensione, vicinanza e condivisione.

Dalle quelle quaglie ho tratto un grande insegnamento: quando apri la porta di casa, richiudi fuori i problemi che non sono pertinenti la famiglia; quando qualcuno della tua famiglia rientra, vai verso di lui (o lei) per salutarlo; spalanca le braccia ai veri amici, ma tienile conserte con i falsi, con i bugiardi e con gli ipocriti; ma soprattutto apprezza “le quaglie” che qualcuno ti prepara.

Oggi chi mi aveva cucinato le quaglie non è più vicino a me come quella sera, e mi pento di non averne compreso in quel momento il vero significato: da allora non ne ho più mangiate, saranno le uniche così come unico è stato l’insegnamento.

Ed eccovi la ricetta.

Tre etti di tritato di vitello; la metà di salame (tritalelo a coltello il più finemente possibile), pancetta (almeno due fette per quaglia); parmigiano tritato (un cucchiaio per quaglia), un uovo, mezzo bicchiere di panna fresca, la mollica di un panino, due foglie di alloro, 40 grammi di burro, un bicchiere di vino bianco secco, una tazza di brodo (di carne o di verdura secondo le vostre preferenze). E le sei quaglie, magari un po’ cicciottelle.

Per il ripieno unite alla mollica, bagnata nella panna fresca e strizzata, il tritato di vitello, il parmigiano, il salame e l’uovo, impastate bene, salate e pepate.

Farcite le quaglie con il ripieno dopo averle salate e pepate (per chi vuole può disossarle aprendole dal dorso e togliendo le ossa della gabbia toracica) e avvolgetele nelle fette di pancetta, mantenendo (se disossate) la loro forma.

Soffriggete burro, due foglie di alloro e uno spicchio d’aglio; quando iniziano a profumare aggiungete e rosolate le quaglie, sfumatele con il vino bianco, abbassate il fuoco, togliete aglio e alloro, aggiungete il brodo e continuate la cottura per altri venti minuti.

Una buona compagnia sono patate al forno, o in pureé, vanno bene anche i funghi.

E quando le mangiate, ricordate di accompagnarle con il vino rosso, scalda i cuori!

Luciano G.

5 Commenti a “Le quaglie farcite”

  1. Franca scrive:

    Il valore di un grazie
    Luca, mio genero è stato operato ai turbinati nel 2010, è stata dura come operazione soprattutto nelle prime ore, poi via via meglio. Nei giorni successivi mi sono recata da lui per vedere se andava tutto bene e se aveva bisogno di qualcosa. In una di queste visite Luca mi ha abbracciato forte e mi ha detto:”Grazie! Tutti i giorni dico grazie a Cristina (mia figlia) per il suo Amore, e grazie a Voi come famiglia per il vostro aiuto, per il vostro bene.”
    Sono rimasta senza parole, perché mi sembrava così poco quello che avevo fatto e così facile voler bene a Lui e a mia figlia e vederli felici e innamorati insieme!
    Confesso che mi ha fatto molto piacere, e non è la prima volta, ricevere segni di affetto, di stima, di rispetto per me, per Brizio, per la nonna. Soprattutto quando Luca ha aggiunto che si danno per scontate tante cose e ci si dimentica dei gesti e delle parole quotidiane con i quali manifestare il nostro Amore, specialmente con le persone più vicine a noi.
    Ho riflettuto su questo e mi è sembrato così vero. Grazie a Te Luca per il tuo gesto e per il tuo bene e grazie anche a Te Luciano per il bel racconto.

  2. Luciano Garombo scrive:

    Sì, Franca: un abbraccio fatto più con il cuore che con le braccia è davvero un gran bel segno di affetto.
    Ancora oggi mi pento di non averle allora chiesto scusa, chissà che non possa leggere questo rincrescimento, ormai troppo tardivo!

  3. liviaoddone scrive:

    Bello il tuo racconto Luciano, penso che una buona parte di persone abbia qualche quaglia nel proprio cassetto, quando siamo giovani e lanciati nella vita dimentichiamo un po’ la dedizione di chi ci vive accanto e ci vuole bene.
    Il vero valore dei nostri cari si capisce quando questi non ci sono più ed è molto triste non poter più dire loro quanto li abbiamo amati e quanto li amiamo ancora.

  4. Daniela B. scrive:

    Le tue quaglie, Luciano, mi hanno commossa. Anch’io ho dei rimpianti verso chi mi ha voluto tanto bene, e solo ora , che non c’è più, realizzo quanto fosse davvero grande il suo amore. Quando se n’è andata ho avuto una grande lezione di vita: ogni istante, anche il più insignificante, deve essere vissuto intensamente
    e con amore poiché non ci è concesso sapere se l’istante successivo, chi ci vuole bene, sarà ancora con noi.

    P.S Grazie per la ricetta non mancherò di metterla in pratica.

  5. gaspara scrive:

    è vero, cucinare per i propri cari è anche un atto di affetto, che certe volte viene dato per scontato. E come già dicevamo bisognerebbe far più caso alle piccole cose di ogni giorno, per goderle noi e per non doverci pentire di non averne ringraziato chi ci vuol bene. Saper esprimere i propri sentimenti è anche un dono, non tutti ci riescono purtroppo, sei fortunata Franca a avere giovani che sanno farlo!

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