La chiesetta di Piedigrotta a Pizzo Calabro

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La chiesetta di Piedigrotta in località “La Madonnella” a un chilometro a nord di Pizzo calabro é considerata la massima espressione dell’arte religiosa popolare del Sud Italia. E’ interamente scavata nel tufo, sia le pareti che il pavimento, che i gruppi scultorei realizzati. La visita migliore é consigliata verso il tramonto nei mesi caldi, quando la luce filtra attraverso la grotta e raggiunge gli anfratti più nascosti.
La leggenda ci parla di una forte tempesta di mare alla fine del ‘600, che fece naufragare un veliero, scaraventandolo sulla spiaggia. I marinai, tutti di Torre del Greco, fecero voto alla Madonna di Piedigrotta, che avrebbero fatto costruire una cappella in suo onore, se si fossero salvati. La nave andò perduta, ma i marinai si salvarono e con essi il quadro della Madonnina di Piedigrotta che si trovava nella cabina del comandante. Allora i marinai scavarono una buca nella roccia e deposero l’immagine sacra, in attesa di potere tener fede al loro voto. Gli abitanti del posto trovarono l’immagine e temendo che venisse danneggiata dal mare la portarono in una grotta poco distante. Una marreggiata successiva inondò la grotta e l’immagine della Madonna sembrava perduta, sennonchè venne trovata sulla spiaggia del primo naufragio della nave. A questo punto i pescatori realizzarono la costruzione di una cappella dedicata alla Madonna di Piedigrotta con un altare e vi deposero la Sacra immagine. Per duecento anni la chiesetta fu questa cappella, venne costruita anche una piccola torre e depositata la campana della nave del naufragio, datata 1632. Tra la fine dell’800 e l’inizio del 900 Angelo Barone, affascinato da questi racconti, abitante di Pizzo, titolare di una cartoleria nel paese, decise che doveva in qualche modo contribuire alla valorizzazione di questa cappella e così senza che nessuno gliel’avesse chiesto cominciò a trascorrere il suo tempo libero prima e poi tutta la giornata, spesso anche la notte nella grotta, scavando con pala e piccone, da solo per anni. Riuscì a scavare la grotta centrale e due laterali, lasciando qualche blocco qua e là per la realizzazione di gruppi scultorei e statue, che nel tempo, anno dopo anno realizzò. Riuscì a scolpire una natività con presepe, la pesca miracolosa e scene e vita di Santi. Si fermò nel 1915, anno della sua morte, consumato dalla fatica. Si racconta che la campana della chiesetta suonò lenta i suoi rintocchi per tutta l’agonia dell’artista, senza che nessuno l’avesse attivata. Tacque solo con la sua morte. Il figlio Alfonso, fotografo, raccolse il testimone e continuò la sua opera, realizzando ulteriori gruppi scultorei, come San Giorgio che uccide il drago, una messa con l’interno di una chiesa, l’altare, i fedeli, il sacerdote a dimensioni umane. L’opera di Alfonso durò quarant’anni, purtroppo alla sua morte nessuno raccolse i suoi arnesi. Solo nel 1969, un nipote dei due, Giorgio Barone, di ritorno dal Canada, eseguì alcuni restauri alle statue esistenti e realizzò due medaglioni raffiguranti Papa Giovanni XXIII e Kennedy. Da allora la chiesetta è stata affidata alle cure di un pescatore del posto, che però non è un artista e poco può fare contro l’opera corrosiva della salsedine. Nella ricorrenza del 2 luglio viene celebrata la Santa Messa, in onore della Madonna delle Grazie. Molti sono i visitatori che tutti gli anni si recano a visitarla e restano estasiati di fronte a tanto lavoro , frutto di fede e fatica. Tutto ciò mi ha fatto riflettere, dopo aver visitato a mia volta la chiesetta, sulla passione e l’amore che ha guidato la mano, la mente e il cuore di Angelo e Alfonso Barone, e anche del loro nipote. Non si trattava di prospettive di guadagno o di prestigio personale. Sono state vite dedicate alla realizzazione di un progetto che ha assorbito totalmente le loro esistenze. Un’opera, la loro, grandiosa, realizzata non in marmo, ma con materiale semplice: il tufo, semplice come le loro vite, volte a valorizzare ed interpretare la loro personale testimonianza di fede a beneficio di tutti quelli che nel tempo avrebbero potuto ammirare estasiati il loro lavoro. Quanti posti magnifici, con storie affascinanti ci offre la nostra splendida penisola, se solo sapessimo valorizzarli.

Franca

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