Beatificazione Don Bosco 1929

La bambina che voleva baciare l’anello del Vescovo

Uno dei racconti di mia madre , oggi novantenne, che preferisco è quello relativo alla visita a Torino di lei bambina al Santuario di Maria Ausiliatrice e della casa adiacente di Don Bosco, dove l’allora sacerdote aveva vissuto con la mamma Margherita.
Questa visita avvenne nell’anno 1929. Mia madre aveva allora otto anni ed era accompagnata da sua madre e dalla nonna. Era una gita organizzata dal parroco del paese, Volpiano, in occasione del processo di beatificazione di Don Bosco appunto.
Mia mamma conosceva bene la storia dell’allora sacerdote Don Bosco, perché il parroco, le suore, la nonna e la mamma gliela avevano raccontata tante volte; anzi era lei stessa a sollecitarne il racconto. Era affascinata dalla figura del futuro Beato, ne conosceva l’infanzia a Castelnuovo, la vita all’aria aperta,le acrobazie, le incomprensioni con il fratello, il parroco che gli aveva insegnato il latino e aveva creduto in Lui, Mamma Margherita, la sua missione con i ragazzi di strada.
ImmaginateVi quindi la contentezza, ma anche l’agitazione della bambina all’idea di recarsi a Torino,la grande città, per un avvenimento così importante come la beatificazione di Don Bosco. La notte precedente la gita non chiuse occhio dall’emozione e il mattino fresca e impaziente di partire si fece trovare prontissima, dopo che aveva già’ eseguito le incombenze che le erano riservate: portare l’acqua e il fieno alle mucche.
Per quei tempi, la possibilità di andare a Torino nella grande città, visitare il santuario di Maria Ausiliatrice, partecipare come parrocchia alla messa celebrata dal Vescovo, accompagnate dal loro pastore, era un evento unico!Tutta la comunità si stringeva attorno alla figura di quel sacerdote così amato e che tanto bene aveva fatto a Torino e alla Chiesa. Il suo messaggio di Amore e di semplicità aveva toccato il cuore di tutti.
Giuseppina (mia madre), vestita a festa per l’occasione, aveva ricevuto mille raccomandazioni sul comportamento da tenere e soprattutto quella di non allontanarsi per nessun motivo, perché si trovava in città, in luoghi sconosciuti, dove comunque era concentrata tanta gente e perdersi era facilissimo.
La bambina seguì alla lettera i consigli ricevuti, ma era ansiosa di vedere il Vescovo da vicino, vedeva che molti fedeli, dopo la funzione, alla quale aveva assistito con raccoglimento e devozione, si accostavano a Lui per baciargli l’anello e anche lei voleva fare altrettanto.
Centinaia di persone erano intervenute per la funzione, dai vari comuni del Piemonte, ma anche dalla città: prelati, gente semplice,operai, madri di famiglia con i loro bambini, preti di campagna, nobildonne di città, scolaresche con i loro maestri, congregazioni, collegiali: un mondo di fedeli.
In quella calca mia nonna era preoccupatissima e stringeva fortemente la mano di mia madre, per paura di perderla. Nonostante ciò la piccola Giuseppina, intraprendente e con l’incoscienza dell’infanzia, riuscì a svincolarsi e a portarsi proprio davanti al Vescovo che stava uscendo dal santuario, accompagnato dal suo seguito. L’obiettivo della piccola era vedere il Vescovo da vicino, il rappresentante di Dio in terra, conoscerlo e poi voleva baciargli l’anello, come facevano tutti.
Incurante della folla, riuscì a realizzare il suo desiderio, ricevette anche una carezza dal Vescovo, intenerito dall’entusiasmo della bambina e il segno di croce sulla fronte, a quel punto fu felicissima e soddisfatta. Naturalmente non si era resa conto dell’ansia e della paura che la nonna e la mamma avevano vissuto nel perderla, anche solo per pochi minuti. Conoscendo infatti il desiderio della piccola: baciare l’anello del Vescovo , le donne, si erano avvicinate al Pastore e avevano trovato Giuseppina intenta a portare a termine l’ impresa, e così avevano potuto riacciuffarla.
Tutto è bene ciò’ che finisce bene: riabbracciata la piccola, fatti i dovuti rimproveri, le nostre donne non si persero l’occasione di festeggiare, ne avevano di motivi: la gita a Torino, trovarsi in città,una giornata di festa, la beatificazione di Don Bosco, aver baciato l’anello del Vescovo, aver ritrovato Giuseppina ed essere di nuovo insieme, così decisero di concedersi una buona cioccolata calda, una specialità, in un caffè vicino, era un’occasione speciale!
Molti anni dopo fu mia madre a portare noi, Luciana, mia sorella, Anna , mia cugina e me a visitare la basilica di Maria Ausiliatrice, la casa di Don Bosco, la chiesetta e a raccontarci la storia del Santo e i suoi miracoli.
Davanti ad una buona tazza di cioccolata fumante, mentre mamma ci raccontava uno degli episodi del “grigio” il cane fedele di Don Bosco che compariva nei momenti di pericolo del Santo per proteggerlo, anche noi, come lei tanti anni prima, rimanemmo a bocca aperta, incuriosite e attente alle vicissitudini di questo grande Santo torinese. Per fortuna per l’occasione non c’era nessun Vescovo, nè tantomeno anelli da baciare!!!!
Certo Don Bosco è stato un punto di riferimento e guida per migliaia di ragazzi senza nessuno. Don Bosco amava ripetere che proprio in questi ragazzi soli stava la sfida: dare loro Amore, farli sentire a casa, accordare loro quella fiducia e comprensione che non avevano mai avuto e fornire gli insegnamenti e le basi per vivere la loro vita sereni e con dignità. Insegnava loro un lavoro, assecondando le predisposizioni di ognuno ed era sempre pronto ad ascoltarli, cosa che manca tanto anche ai ragazzi di oggi. L’oratorio rappresentava e rappresenta ancora ai giorni nostri un buon ambiente dove ritrovarsi tra amici per divertirsi e giocare, per imparare a stare insieme, ma anche un luogo dove essere accolti e accompagnati verso un cammino di fede.

Franca

6 Commenti a “Beatificazione Don Bosco 1929”

  1. Daniela B. scrive:

    Molto bello questo pezzo di “memoria storica”. Franca ci permette ancora una volta di soffermarci sugli anniversari importanti che il più delle volte passano inosservati o soltanto superficialmente presi in considerazione. Cara Franca hai la fortuna di avere ancora la tua mamma: chiedele tutto quello che ti viene in mente e anche di più; scrivilo, registralo e sforzati di chiedere anche le cose che ti possono sembrare meno importanti. Arriverà purtroppo il momento, come a me succede spesso, di cercare delle risposte che non ci sono più
    Un abbraccio e grazie per l’articolo che ho letto molto volentieri

  2. gaspara scrive:

    bello, e sono pienamente d’accordo con Daniela

  3. gaspara scrive:

    a proposito, una curiosità come sono andate a Torino?

  4. gabriella valenti scrive:

    brava Franca, è un bel racconto e fa riflettere su tante cose: la vita di Dob Bosco, i giovani con i loro problemi, i bambini sempre curiosi e sempre esposti ai pericoli, le manifestazioni e i riti che ogni anno si ripetono ……. è la storia con i suoi corsi e ricorsi che è sempre uguale seppur molto diversa nei particolari.

  5. Margherita Bigano scrive:

    Franca, sei molto fortunata ad avere la Tua mamma vicina, così piena di ricordi e aneddoti della Sua giovinezza.
    Fatti raccontare e scrivi… scrivi ancora di quegli anni fatti di sacrifici, rinunce ,privazioni e gioie immense per piccolissime cose.
    “Anni puliti ” come lo erano tante persone di quel tempo.

    Speriamo che i grandi leggano e raccontino ai più piccini.

  6. Franca scrive:

    E’ stata una bella soddisfazione vedere pubblicato il mio articolo su Torino 7, l’avevo trasmesso per e-mail, ma non pensavo che sarebbe stato pubblicato. Mi piace la rubrica “sul filo della memoria” e condivido sempre questi articoli con la mamma, per cui immaginatevi la sorpresa nel trovare anche il nostro racconto…. Ho ricevuto parecchie telefonate di persone che conoscevo e che ci hanno riconosciuto attraverso il racconto. E’ stato bello!
    Grazie a tutti.

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