Una serata per le donne del Burundi.
Ieri sera, in Via Carlo Botta, si è tenuta una conferenza sul progetto promosso dal CCM “Insieme per migliorare i servizi a favore delle vittime di violenza sessuale nel Burundi”.
La testimonianza fornita dalla giovane D.ssa Sandrine Inakoubondo proveniente dal Burundi è stata una scottante proiezione delle violenze , i soprusi e le angherie che le donne africane subiscono, talvolta passivamente e con rassegnazione.
Una realtà cruda e difficile da metabolizzare per noi che viviamo la soporifera opulenza del mondo occidentale che rischia di anestetizzare la sensibilità verso coloro che vivono situazioni di indigenza e sofferenza.
Le violenze, le vessazioni, le discriminazioni che vengono praticate in nome o per conto di religioni, usi e tradizioni locali, sono molto frequenti e poi non così distanti. Pensare oggi che il Burundi sia lontano e irraggiungibile è un errore.
Lo straordinario progresso dei mezzi di trasporto ha avvicinato i popoli. I sistemi di comunicazione permettono di dialogare in tempo reale in qualsiasi punto del pianeta.
Ormai viviamo in un villaggio globale, pertanto è difficile accettare che in questo villaggio le donne siano ridotte in queste condizioni: chi vedendo la propria sorella o figlia o madre subire violenza non prova dolore, rabbia, ribellione?
Non posso e non voglio entrare nel dettaglio delle atrocità a cui questi poveri esseri vengono sottoposti, a volte ripetutamente, non è il contesto più adatto , ma posso garantire che, come donna, ho provato un miscuglio di sentimenti forte che si traduceva anche in malessere fisico.
La compassione e l’intelligenza non dovrebbero essere una prerogativa degli esseri umani?
– “più conosco gli uomini più amo il mio cane” –
La D.ssa Sandrine, Presidente dell’Associazione Iniziativa Seruka per le vittime di violenza, ha evidenziato come, molte di queste vittime, non denuncino i fatti, in quanto sarebbero sottoposte ad un’ulteriore e forse più traumatica sofferenza : quella psicologica.
Le stesse famiglie tendono ad allontanare le donne violentate, in particolare le ragazze, se da sposare, sono considerate come “merce avariata nel mercato del matrimonio”; inoltre e paradossalmente, se il colpevole venisse arrestato, la donna vittima si dovrebbe prendere cura di fornigli il cibo in prigione: queste sono le leggi.
Ecco allora il silenzio! E con il silenzio il fenomeno continua a crescere con notevoli problemi sanitari oltre che sociali.
I numeri sono preoccupanti: una donna su dieci e un uomo su 200 sono vittime di violenza
sessuale. Il 60% sono minorenni ed il 24% hanno meno di 11 anni.
E uno squarcio di luce si apre con il progetto del CCM (Comitato Collaborazione Medica), di cui il Dr.Bordigoni come sappiamo, è da molti anni un valido e attivo sostenitore .
Il progetto ha lo scopo di prevenire attraverso campagne di sensibilizzazione il fenomeno della violenza. Dare assistenza sanitaria, psicologica e giuridica alle vittime. Organizzare corsi di formazione per gestire le diverse problematiche amministrative ecc..
Il percorso non sarà semplice e nemmeno breve, ma la collaborazione intrapresa con l’associazione Seruka, è un inizio; l’attività della D.ssa Sandrine conferma che le donne del Burundi stanno prendendo coscienza dei loro diritti e della loro dignità.
Il Dr. Giuseppe Meo , nel suo libro /testimonianza: AFRICA MALATA (scritto con rara sensibilità) afferma :”Tutti noi siamo responsabili non solo di quello che facciamo, ma anche di quello che avremmo potuto impedire o che abbiamo deciso di non fare”
Una nuova scintilla di speranza attraverso la frase di P.Veronese: “sorgerà un’alba anche per loro”.
Daniela B.
7 dicembre 2011 alle 11:32
facciamo uno sforzo e continuiamo a amare gli uomini 🙂
12 dicembre 2011 alle 00:04
Fenomeni davvero aberranti dell’animo umano, impossibili da accettare con rassegnazione, impossibili da negare e dimenticare.
E’ giusto sostenere questi progetti volti a aiutare fisicamente, psicologicamente e legalmente le vittime di violenza.
Ho letto di recente di una sentenza di condanna a 20 anni per violenze e stupri per un gruppo di soldati in Congo che si era reso responsabile di gesti mostruosi verso la popolazione di un villaggio. La prima sentenza di condanna, da parte di un tribunale militare, che spero serva da precedente.