I mestieri nel presepe piemontese – terza parte

presepe

Continuimo con la saga dei personaggi presenti nel presepe piemontese e alle figure scomparse ( da Presepe – I personaggi della tradizione piemontese – Guido Moro – Editore Priuli e Verlucca)

Il Lustrin (lustrascarpe) ancora nella prima metà del’900 contribuiva a creare l’atmosfera di strada, almeno nelle grandi città. La loro presenza, numerosa, si é indebolita con l’asfaltatura delle strade o la loro pavimentazione e con lo sviluppo della motorizzazione. In precedenza con la maggior parte delle vie in terra battuta, le scarpe si sporcavano facilmente; anche la pioggia e la neve contribuivano a sporcarle e il fango e la neve dovevano essere subito rimosse se non si voleva rovinare il cuoio, oltre che per una questione estetica e perciò si ricorreva con frequenza ai servizi dei lustrascarpe, che si trovavano ad ogni angolo di strada.
L’Arvendioira dij brichet (fiammiferaia). L’invenzione dei fiammiferi risale all’Ottocento e solo dalla metà di quel secolo iniziarono ad avere un’ampia diffusione, registrando nei cento anni successivi una crescita esponenziale. Uno dei pionieri fu un farmacista piemontese Domenico Ghigliano che nel 1832 studiò, primo in Italia e tra i primi nel mondo, una particolare formula di fiammifero a sfregamento, citata dalla Gazzetta del Regno di Sardegna. Nei primi decenni dell’Ottocento si usavano dei bastoncini di legno ricoperti di clorato di potassio e zolfo, che si accendevano, con non pochi rischi, per reazione chimica se immersi in acido solforico concentrato. Tra l’Ottocento e il Novecento ne comparvero di diversi tipi: i fiammiferi igienici, privi di fosforo bianco, o i fiammiferi impermeabili, in grado di accendersi anche in presenza di umidità. Anche le confezioni erano diverse , da quelle classiche a cassettino o con aletta, a quelle da borsetta, dotate di specchietto, dalle confezioni famiglia ai cilindri bossoli, alle bugie da poche, con un foro dove inserire una candela. I canali di distribuzioni erano diversi, compresi quelli ambulanti.
Il Sonador (musicante di strada) spesso si intrufolava nei cortili, eludendo la sorveglianza della portinaia e iniziava a cantare le sue canzonette, o arie di opere, accompagnandosi con l’organetto, il violino, il mandolino o la fisarmonica. Non sempre le sue esibizioni erano gradite e allora arrivava il perentorio ordine ” va a canté ant n’autra cort”, espressione diventata poi di uso comune quando si voleva invitare qualcuno ad allontanarsi. Diversi sonador si esibivano per strada, fermi o muovendosi a piedi, in bicicletta o trascinando un carrettino con un organetto a canne o una pianola…..Certi si esibivano camminando e suonando contemporaneamente usando più strumenti legati con cinghie a braccia e gambe. Talvolta veniva richiesta la loro presenza nelle osterie per allietare una festa e intrattenere i clienti. Non poteva mancare la loro presenza nelle fiere e nelle feste patronali.
L’Arvendior ed le mistà (rivenditore di immagini religiose). Il periodo tra l’ultimo decennio dell’Ottocento e la prima guerra mondiale é probabilmente quello di maggior diffusione delle mistà, cioé le immaginette religiose. L’arvendior era una figura presente nei mercati, nelle fiere e nelle feste patronali, anche se le immaginette venivano distribuite attraverso gli ordini religiosi, in prossimità dei santuari, dai mendicanti che li ricambiavano per un obolo. I santini venivano raccolti in scatole di latta, tra le pagine del messale, esposti nelle case e nelle stalle a protezione di persone e animali. Nel Settecento le immagini relative alla Natività presentano un ampio ventaglio di soggetti e tecniche . Il ricorso a pizzi e decori traforati, li trasformava in vere opere d’arte. Nell’Ottocento con la scoperta della stampa cromolitografica, la produzione si fa copiosa, per’altro scompaiono i pizzi e i trafori, le stampe sono a colori su semplici cartoncini. La minore originalità dell’immagine , lascia spazio alla preghiera, sono proprio di questo periodo le orazioni, tra l’Ottocento e il Novecento.
Il Confratel ( il confratello). Personaggio che rappresenta i membri della confraternita della misericordia o di altre congregazioni. Queste figure assistevano i moribondi, gli indigenti, i malati e soprattutto i condannati alla pena capitale, fornendo loro conforto nel momento del “trapasso”. Era una figura presente nei presepi piemontesi.
Giampé Tadé figura vagante con forte valenza simbolica, non più presente negli attuali presepi. Tale figura rappresentava i Giudei che schernirono Gesù, a cominciare dalla figura di colui che non gli concesse un momento di riposo, impedendogli di appoggiarsi alla porta di casa, mentre saliva al calvario. Costui schernì Gesù e gli impose di proseguire il cammino senza fermarsi, al che Gesù rispose ” per questo camminerai fino alla fine del mondo” e da allora Giampé Tadé vaga senza sosta, angosciato e stanco, senza avere la possibilità di riposarsi. Il personaggio trasmette in modo incisivo il messaggio della punizione divina, che ancora in un recente passato suscitava nei credenti timori e paure tali da condizionarne il comportamento.
Zelomi la levatriss (levatrice) Il messaggio della purificazione , la liberazione dal peccato ritorna con la figura di Zelomi, la levatrice citata nei vangeli apocrifi dell’Infanzia e testimone del parto della Vergine. Nel Protovangelo di Giacomo si racconta che Giuseppe, all’approssimarsi del parto, sia andato alla ricerca di una levatrice e si imbatté in Zelomi, che lo seguì nella capanna, dove già stava nascendo Gesù. Entrata nella grotta si rese conto di aver assistito ad un evento straordinario, per opera dello Spirito Santo. Zelomi porta sottobraccio un cesto con vari panni , sarebbero quelli utilizzati durante il parto, che la levatrice laverà, così come aveva lavato in precedenza il neonato Gesù.

Franca

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