Un Natale carico di speranza

Ho trovato per caso questo racconto su un Natale del 1943 scritto da Miriam Mafai e pubblicato su “La Repubblica” che ci riporta a un tempo di guerra che molti avranno vissuto, mentre per altri vive solo attraverso i racconti dei propri cari. Un Natale da ricordare nel nostro mondo di pace,  di tempi difficili e di sacrifici; rammentiamo coloro che ci hanno preceduto che hanno lottato e combattuto per consegnarci un Italia libera, unita, e responsabile.

(1) Miriam Mafai, diciassette anni nel 1943, su “La Repubblica” del 23 dicembre 2007. E’ nata a Firenze nel 1926 ed è morta a Roma nel 2012. E’ stata giornalista, scrittrice e politica italiana; tra i fondatori della “Repubblica” e per trent’anni compagna di Giancarlo Pajetta, lo storico esponente del Pci.

Un altro Natale triste. A Roma il Comando tedesco ha spostato il coprifuoco di due ore, dalle 19 alle 21. Non c’è stata la messa di mezzanotte. C’è freddo, c’è fame, c’è paura. E il messaggio natalizio di papa Pio XII non rincuora gli animi. Ci si chiede: come andrà a finire?

E’ Natale. Di Natali di guerra ce ne sono stati già tre, ma questo è più triste degli altri, alla fine di un anno pieno di speranze e poi di delusioni, di felicità e poi di sconforto. Non c’è più certezza di niente. La guerra invece di terminare continua. E come andrà a finire? Molti si domandano da che parte stare: dalla parte degli inglesi e degli americani o dalla parte dei tedeschi e dei fascisti? I più hanno scelto di stare dalla parte della democrazia; ma molti hanno scelto, per ora, di stare dalla parte di prima. Non si sa mai. E poi si è più sicuri, con i fascisti che sono tornati e fanno i gradassi, peggio di come hanno fatto per vent’anni. C’è il coprifuoco; non c’è stata la messa di mezzanotte. A messa i fedeli sono andati stamani e il sacerdote ha parlato del messaggio natalizio del papa. E’ un messaggio lunghissimo, una pagina e mezzo dell’”Osservatore Romano’. C’è un sunto sui giornali, ma, a differenza dello scorso anno, il sunto non è brevissimo ed è in prima pagina, non in una pagina interna. Il titolo del “Corriere della sera” è “Non c‘è pace senza giustizia”, il titolo della “Stampa” “Invocazione del papa per la
giustizia dei popoli”. Tutti e due i giornali hanno usato nel titolo la parola “giustizia”; del messaggio del papa hanno ripreso un monito che è un presagio a un mondo non più in guerra. “A Villa Borghese” racconta Miriam Mafai (1) pascolavano le pecore e le aiuole di Roma (anche quella di piazza Venezia) erano state trasformate in miserabili ‘orti di guerra’. Al1e sette di sera scattava il coprifuoco. I portoni delle case si chiudevano. Si  chiudevano le finestre dalle quali non doveva trapelare nemmeno una lama di luce. Le strade erano buie e deserte. Dopo le sette di sera potevano circolare soltanto i militari, fascisti o tedeschi, e i civili che avessero un permesso speciale, i tipografi, i medici, gli infermieri. “Ma per Natale ci fu una novità. Il comando tedesco ordinò lo spostamento del coprifuoco dalle sette alle nove di sera. Per tre giorni, 24, 25 e 26 dicembre, avremmo potuto godere di due ore di libertà in più. E noi ci godemmo  quelle due ore di libertà in più andando alla ricerca di carrube e mosciarelle (le castagne secche che potevano essere masticate per ore), che avrebbero sostituito
sulla tavola natalizia i dolci di una volta. “La casa che l’amico collezionista ci aveva affidato era grande e bene arredata, conservava il ricordo di lontane feste e ricevimenti ai quali noi non avevamo partecipato. E all’improvviso ci venne in mente di festeggiare il nostro Natale del 1943. Chiamando a raccolta, per quella sera, i nostri amici più cari. Nonostante il freddo, la fame, la paura. Mia madre venne convinta a
sacrificare, per l’occasione, un mastello di marmellata gelosamente conservato da tempo immemorabile. Le patate, nascoste da me in cantina, avevano messo i germogli e passammo un intero pomeriggio a ripulirle.

La cena, decidemmo, doveva essere una vera cena, alla quale tutti avrebbero contribuito portando qualcosa: un mezzo chilo di pasta, una mezza bottiglia d’olio, una scatola di pomodori. Delle arance. Del pane. Del formaggio. E vino, in abbondanza. E cena fu, come avevamo deciso. “Non ricordo se mia madre accese anche quell’ anno il candelabro a nove braccia che era stato del padre rabbino a Kowno. Ma ricordo la nostra allegria, la sicurezza con la quale tutti, un po’ ubriachi; brindammo abbracciandoci all’ultimo Natale di guerra. Non era solo una speranza. Eravamo sicuri che l’anno successivo non ci sarebbero stati più tedeschi a Roma. Era la nostra
scommessa di adolescenti, impegnati da mesi a distribuire giornaletti clandestini e a scrivere di nascosto sui muri «abbasso i tedeschi». Ed eravamo sicuri di avere ragione, sicuri che alla fine avremmo vinto noi. Eravamo giovani… Il più vecchio tra noi, Maurizio Ferrara, aveva ventidue anni. E aveva appena compiuto i vent’anni Maria Antonietta Macciocchi, responsabile delle donne comuniste dalla nostra zona, che mi aveva ordinato «se ti fermano mentre hai l’Unità in borsa, devi mangiarla anni, aveva avuto il compito di cucire, per il giorno della liberazione, una quantità di coccarde
tricolori. La Resistenza era per noi un’ avventura, un gioco, una sfida. Dalla quale eravamo sicuri di uscire vincitori (la bella sicurezza di essere nel giusto che pian piano, negli anni della maturità, avremmo perduto).
“Così un Natale di freddo, di fame, di paura si trasformò (e tale è rimasto nella mia memoria) nel più bel Natale della mia vita, di amicizia; di festa e di speranza. All’alba, appena possibile, uscimmo tutti assieme. Arrivammo fino al Pincio. Faceva un gran freddo e i nostri cappotti erano miserabili. Sotto di noi la piazza era vuota. Eravamo ubriachi e felici. Sicuri di avercela fatta. E, dopotutto, avevamo ragione. Su quella piazza, solo qualche mese dopo, vedemmo arrivare i primi carri armati inglesi e americani”.

Franca.

18-08-1937

2 Commenti a “Un Natale carico di speranza”

  1. Margherita Bigano scrive:

    Grazie Franca che Ti sei rimessa a scrivere!!!

    che anche queso Natale appena trascorso e il Nuovo Anno che tra poche ore arriverà sia di SPERANZA E PACE PER TUTTI.

    A U G U R I …………….A U G U R I ………..

  2. Daniela B. scrive:

    Un articolo interessante per riflettere in questi giorni di festa. Un’ulteriore conferma, caso mai ce ne fosse ancora bisogno, che a contare non è lo sfarzo, l’abbondanza, ma i sentimenti di amicizia, fratellanza e i valori morali. Mi ha colpita, tra le altre, una frase -la bella sicurezza di essere nel giusto che piano piano, negli anni della maturità, avremmo perduto- Purtroppo succede proprio così.

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