Otto maggio

Dell’otto maggio di trent’anni fa mi porto dietro tre ricordi: hanno tutti e tre elementi caratterizzanti molto intensi, un’amicizia tradita, un abito nuovo e un sogno che finisce: detto così sembrano slegati tra loro, tuttavia un sottile filo rosso li congiunge, quello dei sentimenti.

Ve li voglio raccontare in ordine di tempo, così come si sono svolti all’epoca.

Ore 13.52: l’amicizia tradita

È stato proprio il senso dell’amicizia, o meglio un’amicizia tradita pochi giorni prima ad Imola, ad avere disegnato il destino di quel giorno.

Torniamo, per un attimo, alla gara precedente. Siamo alle ultime tornate del Gran Premio, ad Imola appunto. Le due Ferrari, Villeneuve primo, Pironi secondo, danno vita ad una serie di sorpassi forse più per spettacolo che per lotta, perché gli accordi di scuderia prevedono che chi fosse stato al comando ci restasse fino alla fine.

Pironi, forse infastidito verso il collega, beniamino e amatissimo dai ferraristi,  attacca il compagno di squadra “con il coltello fra i denti” tanto da far temere ai box che la gara di entrambi possa essere compromessa: i due piloti si sorpassano a vicenda più volte, per divertire la platea: o almeno così pensa il canadese. Ai box si rendono conto che la corsa sta prendendo una brutta piega e viene esposto l’avviso con la scritta “slow”. Villeneuve rallenta, Pironi ne approfitta e lo sorpassa all’ultima curva, e vince la gara. Villeneuve è furioso, pugnalato alle spalle per aver perso la gara, e soprattutto, tradito dall’amico. Quel giorno si ruppe un sodalizio fondato sull’amicizia e questo fu l’inizio della fine.

Nei giorni successivi Villeneuve avrà parole molto amare, non tanto per il secondo posto quanto piuttosto per l’amicizia tradita. Anche le parole di Enzo Ferrari “Non è importante chi vince, purché vinca una Ferrari” non giovarono certo a smorzare la tensione, tutt’altro.

Sono le 13.52 dell’otto maggio di trent’anni fa, circuito di Zolder in Belgio. Pochi minuti ancora per le qualifiche che precedono il Gran Premio della domenica. Gilles Villeneuve è sesto, Didier Pironi, suo compagno di squadra, terzo. Villeneuve, tradito, forse cerca una rivalsa verso il suo “ex amico”:  esce dai box per migliorare il proprio tempo e sta percorrendo il suo giro lanciato; all’uscita da una curva, ad oltre 220 km all’ora,  urta un’altra vettura che prosegue lenta. L’incidente si manifesta immediatamente in tutta la sua tragica gravità, e porterà il pilota Ferrari alla fine dei suoi giorni.

Qualche spunto di riflessione lo offre questo episodio: credo l’amicizia e gli affetti due tra i sentimenti più fortemente radicati e profondi nelle e delle persone. Tradire un sentimento è come dare la morte spirituale, e non c’è verso di tornare indietro; tentare di ricuperare la fiducia della persona tradita, magari con una cosiddetta “bugia a fin di bene”, diventa impossibile. Anzi, diventa un colpo degno di Maramaldo. La bugia è il contrario della verità: può esistere una “verità a fin di male”? Non ha alcun senso, così come non hanno senso le “bugie a fin di bene”, una delle tante falsità che l’uomo si è creato per autoproteggersi dagli avvenimenti o difendere egoisticamente la propria immagine, quella pubblica.

Quest’episodio, che ho voluto fortemente ricordare, ci deve dare un grande monito ovvero i valori dell’amicizia e dei sentimenti profondi della vita siano improntati – sempre e sopra tutto – alla sincerità e alla lealtà.

Ore 16 circa: l’abito nuovo

Salgo in macchina e mi dirigo in centro a Torino, dove allora abitavo, per ritirare dal negozio giacca e pantaloni che, non proprio corazziere, dovevano essere accorciati. Li avrei indossati il sabato successivo per una ricorrenza in cui sarei stato co-protagonista.

Sarei stato all’altezza del ruolo che quella circostanza mi richiedeva? La “cosa” sarebbe durata a lungo, oppure …? I pensieri nella mia mente erano come i mulinelli della sabbia sollevata dal vento; e a tutti mi rispondevo con uno “Speriamo vada tutto bene”. Non riuscivo a trovare una risposta migliore.

Mi sembrava di non riuscire a vedere oltre al sabato successivo, quasi che ci fosse come una nebbia fitta fitta che mi impedisse la vista. Eppure mi ero preparato bene: direi molto bene, anzi. Per l’occasione avevo addirittura frequentato due lezioni ad hoc (in verità erano tre quelle per completare il corso, ma tant’è): forse le mie paure erano solo determinate dalla tensione perché, fino ad allora, una situazione simile non l’avevo mai e poi mai affrontata.

Il sabato successivo, tirato a lustro e tuttavia con una grande apprensione per la sua riuscita, partii di casa molto in anticipo sui tempi, allo scopo di prevenire qualsiasi intoppo: non avrei fatto certamente bella figura se fossi arrivato in ritardo: ero uno dei due protagonisti! Così, per fare venti chilometri in auto, mi presi due ore. L’appuntamento era alle 17, tuttavia ad un quarto alle quattro ero già a destinazione. Arrivarono  le cinque: c’eravamo tutti e due.

Era, questa, una situazione davvero nuova per entrambi e noi sin dall’inizio sbagliammo il “protocollo”: la consuetudine prevedeva che i due co-protagonisti raggiungessero il luogo deputato in tempi separati, prima uno e poi l’altro. Invece, sulla soglia dell’edificio la presi sottobraccio e ci avviammo insieme, verso l’altare: lì eravamo attesi

Ore 17.30 circa: il sogno che finisce

Credo, dopo tanti anni, di potere raccontare una confidenza senza danneggiare nessuno. Non farò di certo nomi e cognomi e la “condirò” in modo che solo i due protagonisti, in una quanto mai recondita ipotesi, possano riconoscersi.

Si erano incontrati qualche anno prima, lui e lei, e si erano innamorati con la passione che caratterizza quell’età. Quando lei lo guardava, lui si perdeva dentro il suo sguardo, ma non lo dava a vedere perché temeva di mostrare i suoi sentimenti, anche se l’aveva messa su una colonna di alabastro e protetta con una teca di cristallo: ricordo molto bene questa immagine quando lo disse.

Poi c’erano state le prime liti seguite da altrettante pacificazioni.

Quell’otto maggio lui aveva una “cosa” da fare che, seppi, poi gli avrebbe cambiato la vita.

“Voglio essere io ad accompagnarti, voglio venire con te. Voglio essere io vicina a te oggi”. All’incirca furono queste le parole che lei gli disse, anche se ormai avevano “rotto” da qualche tempo.

Lui, dopo, la riaccompagnò a casa. Si fermarono e parlottarono qualche minuto in auto. Credo fosse ancora molto innamorato, e il fatto che lei avesse voluto essere con lui in quella circostanza gli diede il coraggio per dirle: “Sposiamoci, rinuncio a tutto se mi dici sì”.

“Ormai la decisione l’hai presa: non c’è più modo per ritornare indietro né il tempo” fu la risposta di lei che scese dall’auto e si avviò sul vialetto che la portava a casa.

Ho capito che nella galleria dei ricordi di lui, quella “lei” occupa un posto importante: “È vero, quel giorno cambiò la mia vita, ma c’è anche una parte di me che è rimasta là, per sempre, raggrumata sotto quel fazzoletto d’asfalto dove ci fermammo”.

2 Commenti a “Otto maggio”

  1. Daniela B. scrive:

    Sono d’accordo che l’amicizia tradita faccia male. Quel male psicologico che sconvolge e fa soffrire più di quello fisico. Quello che turba le notti rendendole insonni; ti chiedi perché, cosa gli ho fatto? Non trovi la risposta e questo ti sembra un’ingiustizia grande che non meriti. Con il tempo il dolore si affievolisce, ma un senso di amarezza e una costante diffidenza, rischiano di compromettere le amicizie che sono rimaste.
    Ancora molto “fresche ” le emozioni che hai vissuto 30 anni fa . E’ bello ricordare come eravamo determinati a affrontare gli appuntamenti importanti della vita. Le nostre “prime volte”, vissute così seriamente. ( Alcune ora, magari, ci fanno sorridere).

  2. Franca scrive:

    Che tenerezza il racconto dell’8 maggio, i sentimenti, gli stati d’animo, le emozioni. Che delusione per il ragazzo, e il rimpianto…. Doveva andare così. Tutti gli anni ci incontriamo con i compagni di scuola, tra due miei amici era nata una storia, piuttosto travagliata, ancora oggi a distanza, lei non ha mai partecipato alle cene motivando impegni e scuse, ma penso comunque che il motivo sia quello di non incontrare lui. (anche se ognuno de i due ha avuto la sua vita il suo amore la sua famiglia,,,)

    E sull’amicizia tradita, ce ne sarebbe da scrivere libri. Le delusioni, il comportamento inaspettato da parte di persone che credevi amici e che ti hanno voltato le spalle. Che sofferenza, nel tempo cerchi di corazzarti per proteggerci, ma poi ci ricadi puntualmente, anche se impari a soffrire di meno, o almento ci provi….

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