Tra Piemonte e Liguria
giovedì 7 giugno 2012L’itinerario questa volta inizia nella nostra regione, nell’Alta Valle del Tanaro, e precisamente dal suo capoluogo, Garessio, con poco meno di 5000 abitanti distribuiti in quattro borgate, Borgo Ponte, Borgo Poggiolo, Borgo Maggiore e Borgo Medioevale, tra loro unite da viali alberati.
Gli antichi borghi, incorniciati da una corona spettacolare di monti adagiati sulle sponde del Tanaro, il più importante affluente di destra del Po, raccontano la storia millenaria di Garessio: i resti del castello medievale con le mura e le porte d’accesso al borgo, le decorazioni e gli architravi in pietra scolpita, le facciate in cotto, le chiese maestose e l’infinità di cappelle sparse ovunque, i “carugi”. Sono ancora visibili le ville padronali del secolo scorso dove si radunava il bel mondo per godere del clima fresco e temperato dell’estate e fare la “cura” dell’acqua San Bernardo “la più leggera del mondo”.
[La prima etichetta recante l’autorizzazione alla vendita nel Regno per Decreto del Ministro dell’Interno del 15/3/1926 da http://www.comune.garessio.cn.it]
Garessio fu abitata sin dalla preistoria (se ne trovano le tracce nelle grotte del Gray e di Valdinferno), poi dai Liguri e infine dai Romani. Nel IX-X secolo arrivarono anche qui i pirati e i predoni saraceni che avevano base a Frassineto Fraxinetum Sarracenorum, (l’attuale St. Tropez). Quegli avvenimenti bellicosi sono ancora ricordati dal nome della frazione Eca Nasagò (che significa “luogo di battaglia cruenta”) nei pressi di Ormea.
Attraverso altri fatti d’armi, si arriva al 1276, quando Garessio passa sotto i marchesi di Ceva, che vi costruirono il castello; in cambio di aiuti militari, ottiene dal marchese Giorgio II il Nano gli Statuti raccolti nel “Libro della Catena”, oggi conservato presso la Biblioteca comunale.
Nel 1635, il vecchio castello, i cui ruderi ancora dominano il Borgo Maggiore, è distrutto dai Savoia. Napoleone nel 1794 occupa il borgo; dal 1814 Garessio ritorna sotto i Savoia condividendone le sorti, prima con il Regno sabaudo e poi con l’Unità d’Italia.
Dal 17 giugno 1870 si può fregiare del titolo di Città, concesso da re Vittorio Emanuele II.
Visitando per primo il Borgo Ponte, incontriamo la Parrocchiale di Santa Caterina d’Alessandria, costruita da Francesco Gallo e il cui campanile fu realizzato su un progetto iniziale del Vittone.
Sulla via che conduce alla chiesa, ecco l’Angolo della Poesia con i versi del Gozzano dedicati a Garessio e riportati sulla facciata.
Entriamo nel Borgo Poggiolo dove hanno sede la Biblioteca, costituita da oltre 25 mila volumi con una preziosa documentazione di storia medioevale, e la Pinacoteca. Proseguendo per il Borgo Maggiore troviamo il Municipio che ospita il Museo Civico Geo-Speleologico ed un ricco archivio storico.
Sempre sulla stessa via, ma alla nostra sinistra, scopriamo la suggestiva piazzetta dedicata a San Giovanni e sovrastata dall’omonima chiesa (chiusa). Credevamo di essere soli; invece, da una casa poco distante, ci stavano tenendo d’occhio: era Luna, la cagnetta della signora Ede, che, sentito l’abbaiare, uscì di casa e fu così che facemmo conoscenza con la custode della chiesa: quando si dice la fortuna!
Abbiamo così avuto modo di ammirare le diciotto lunette, recentemente restaurate, che ricordano la vita del Santo e risalgono alla seconda metà del 1600. Ai piedi della bella scalinata si nota la pavimentazione in ciottoli bianchi e neri, nata dall’idea e realizzata dal punto di vista economico da un noto designer nativo del luogo cui si deve anche il restauro della Chiesa.
La Confraternita di San Giovanni Battista e della Misericordia curò per secoli la Sacra Rappresentazione del Mortorio, che apparenta Garessio a località, come Sordevolo e Romagnano Sesia ed altri centri in Italia. È la rievocazione della deposizione del corpo del Cristo dalla Croce. In esso agiscono i personaggi che vissero l’evento: Maria, la Maddalena, Maria Cleofe e Maria Veronica (quest’ultima ricordata nei soli Vangeli apocrifi), Giovanni Evangelista, Giuseppe d’Arimatea, il Centurione e i soldati romani del seguito.
Al termine del Borgo, sorge la Parrocchiale dell’Assunta sempre di Francesco Gallo ricostruita nel 1868 su quella precedente del Convento domenicano del Quattrocento, e di cui rimanevano solo i muri absidali e la facciata. Infatti, a seguito del passaggio delle truppe francesi e secondo le leggi napoleoniche relative alle chiese non parrocchiali, furono cacciati i Domenicani, la chiesa fu venduta assieme agli arredi sacri, il tetto abbattuto, i muri sbrecciati: restò indenne solo la facciata. Nel 1862 il Comune acquistò la chiesa semidistrutta e nel 1870 fu iniziata la ricostruzione della stessa, riprendendone integralmente il progetto del Gallo.
Garessio presenta altre particolarità della sua storia ed architettura: ne sono un esempio il Campanile gotico in pietra della Parrocchiale di S. Maria in Ripis e di cui resta il portale ogivale.
Entriamo nel “Bricco”, un ristretto gruppo di case raccolte proprio sotto la collina del castello. Proseguendo tra piccole e graziose costruzioni, si arriva alla caratteristica Porta Jhape, ancora unita sulla sinistra alle mura medievali fiancheggianti il vicino rio S. Mauro.
Da notare le pietre scavate che ospitavano i cardini (uno ancora in loco) delle porte che chiudevano il borgo. Il nome Jhape dovrebbe derivare dalle “ciappe”, dette anche “lose”, con cui erano coperte le case del borgo medievale. Oltre Porta Jhape a destra prosegue l’antica strada di collegamento tra il Piemonte e la Liguria, utilizzata per il commercio del sale.
La Torre Saracena: non siamo saliti perché ormai in ritardo sulla tabella di marcia: è una possente costruzione risalente all’epoca delle invasioni saracene (siamo nel 900 dell’Era Volgare) posta a guardia e a sorveglianza del territorio. Alta 9 metri e larga 3, si presume sia stata ricuperata dagli invasori da una costruzione precedente. Risalirebbe all’epoca di Giustiniano e Costanzo, imperatori di Bisanzio, che avevano dato avvio all’edificazione di torri di avvistamento sul limes dei territori per proteggersi dalle invasioni di altri popoli. Una suggestiva leggenda narra come la zona di Garessio sia stata liberata da un valligiano al quale i Saraceni avevano sottratto la fidanzata. Dopo la liberazione dagli invasori, l’eroe aggiunse al suo cognome Zitta il soprannome Tornatore e da allora la famiglia fu Zitta Tornatore, e se ne ha ancora traccia tra alcuni cognomi degli abitanti.
Una curiosità che ci ha meravigliato: Volpiano ha una settantina di associazioni e 15 mila abitanti, Garessio di abitanti ne ha meno di 5 mila ma le associazioni sono 74 e in guerra perenne tra di loro. Motivo? Un campanilismo accesissimo e non tra città o paesi, ma addirittura fra i quattro borghi. Pertanto Garessio con un terzo di abitanti supera Volpiano: nel caso volessimo eguagliarla, dovremmo triplicare le nostre. Pensiamoci!
Per raggiungere la nostra prossima destinazione ci siamo affidati a questa guida autoctona, certamente in possesso dei migliori requisiti come esperta della zona.
Marina e Luciano