Archivio della Categoria 'Scoprire Volpiano'

Presepi presso le cappelle volpianesi

lunedì 5 gennaio 2015

Grazie Margherita per il simpatico suggerimento che hai lanciato via web: fotografare i presepi presso le varie cappelle di Volpiano. Presepi preparati dagli amici che si occupano delle varie chiesette e che con impegno, fantasia e creatività hanno allestito  a modo loro l’immagine che volevano regalarci del grande evento che ogni anno si rinnova nei nostri cuori, nel nostro paese, nelle nostre vite, nel mondo: la nascita del Bambino Gesù.

Detto fatto, oggi ho cominciato con la cappella di San Michele, così ho fatto una bella passeggiata e fissato una variante natalizia della cappella che vorrei condividere con Voi. Chi vuole fornire il proprio contributo con altre foto, della stessa cappella, o di altre, é il benvenuto.

Alla prossima cappella con presepe…….

Presepe 2014

Presepe 2014

DSCN9695         DSCN9693                              Cappella San Michele – Volpiano – Natale 2014

 

Franca

La cappella di Madonna delle vigne a Volpiano

venerdì 14 novembre 2014

Interno cappella Madonna delle vigne

La cappella di Madonna delle vigne é stata costruita dopo il 1585, anche se non si conosce la data certa. Tale affermazione deriva dal fatto che  Monsignor Montiglio fece una visita pastorale a Volpiano in quello specifico anno e non fa menzione della cappella, mentre negli anni 1661, Monsignor Millet la nomina, ne descrive l’uscio chiuso a chiave, le suppellettili portate dalla Parrocchiale e dice che le immagini al muro dovrebbero essere rinnovate. Solo nel 1699 abbiamo un documento con descrizione dettagliata della cappella redatto dal Monsignor Alessandro Lambert de Soyrier, Vescovo di Ivrea. Si dice che la cappella é dedicata alla Natività della Beata Vergine Maria, viene indicata la festa, l’8 settembre, si parla delle messe cantate celebrate per l’occasione dal parroco. Vengono indicate le sue giuste dimensioni, l’esposizione della cappella, l’altare in laterizio, addossato alla parete, la croce sull’altare, i candelabri in legno e una pietra consacrata posizionata sulla mensa. Nel 1728 Don Bogino nella sua relazione parla della sua ubicazione, sulla strada che conduce alle vigne (da qui il suo nome). Possiede un uscio e cinque finestre, con un tetto avanti sorretto da due pile. Sull’altare non c’é quadro, in quanto la Vergine é dipinta sul muro, c’é intorno una piccola cornice di stucco, ma non ci sono suppellettili. La cappella é del pubblico, Il suo reddito proviene dalle collette. Ogni anno vengono nominati due Rettori che si registrano e forniscono i conti. Nel 1751 il vescovo De Villa la descrive con tre finestre aperte, Madonna dipinta sul muro, altare in laterizio. Nel 1777 nella relazione Monsignor Pochettini parla di pavimento in mattoni e anche dell’altare. Per la prima volta si fornisce anche un giudizio estetico definendo l’ immagine della Madonna  sgraziata e si invita alla sostituzione. La cappella verrà chiusa per riparazioni alla volta.  La visita successiva del Fransoni sarà l’ultima relazione.

Ai giorni nostri la cappella appare formata da un piccolo corpo di fabbrica rettangolare, preceduto da una loggia sorretta da pilastri. La facciata presenta un uscio chiuso e due finestre laterali. L’interno dell’edificio é semplice, con un altare centrale, e un’apertura sulla destra che conduce alla sacrestia. La cappella é dipinta con toni delicati rosa, grigio – azzurro, panna, oggetto di restauro qualche anno fa. Non si sa se questi erano i colori della capella originaria. La volta presenta sulla sinistra una piccola vetrata raffigurante la sacra famiglia, sulla destra in corrispondenza c’é una finestra a tromp d’oeil. Entrando sopra l’altare appare una pala che rappresenta Sant’Anna con una casacca rossa e una gonna blu che stringe tra le braccia Maria bambina avvolta in una veste bianca.  Intorno una cornice in stucco barocca.Il dipinto é stato eseguito da Francesco Landra, nato a fine ottocento, decoratore prima e poi apprezzato pittore, a lui si deve anche la ridipintura dell’interno della cappella San Giovanni, sempre a Volpiano. Ai lati del dipinto due semipilastri che sorreggono un architrave con un timpano che riporta un Cristo benedicente probabilmente secentesco. Il Padre celeste é rappresentato con lunghi capelli e barba bianca, volto segnato da rughe profonde, sguardo vivido. Ha una veste gialla e blu, ricoperta da un mantello bianco e rosa, sullo sfondo in ocra appare alle spalle un triangolo che indica la Trinità. Sulla sinistra c’é una teca con una statua di Maria bambina ancora in fasce, oggetto di devozione da parte dei fedeli. La cappella si presenta in ottime condizioni, grazie all’opera costante, instancabile ed attenta  degli amici del Borgo Colombera, che ogni anno investono tempo, lavoro, entusiasmo e creatività nelle iniziative legate alla festa e alla manutenzione della cappella, che dura tutto l’anno.

E questa é la descrizione storica ed architettonica della cappella, secondo la tesi redatta da Valentina Arrigo. Di mio vorrei metterci i ricordi legati alle scampagnate con i miei in Vauda, ai pic nic sull’erba a base di frittata e pane e salame, ai fiori raccolti nei campi e lasciati al cancello della cappella recitando l’Ave Maria con mia madre e mia sorella. Ancora un ricordo legato alla cappella:  era il  primo maggio del 79, aspettavo Cristina, mia figlia, ero andata con mia madre a fare una passeggiata ed era una giornata bellissima, un cielo terso, sereno. La notte purtroppo mio padre ebbe un secondo infarto, bruttissimo. Solo il ricovero tempestivo, lo scarso traffico  dovuto alla festa e la bravura dei medici del Pronto soccorso presso l’ospedale  Molinette gli permisero di tornare a casa  vivo, dopo più di un mese in sala rianimazione e poi corsia.  Ma niente sarebbe stato possibile senza l’ aiuto del Signore e della nostra Mamma celeste. Che dire poi della nascita  di Giovanni, mio figlio, avvenuta proprio l’8 settembre dell’88 : coscritto della Madonnina! Cosa chiedere di più? L’ho affidato da subito tra le sue braccia e ho raccomandato a Giovanni di rivolgersi sempre alla Madonna,in qualsiasi occasione: tra amici ci si intende, coscritti poi. L’anno scorso, la mia mamma, 93 anni fatti da qualche giorno, mi ha detto: ” Certo, con questa bella giornata di sole, sarebbe bello salire alla Madonna delle vigne, dove portavo voi da piccine e tutti i nipoti negli anni.” Detto fatto pian pianino siamo saliti a piedi, con il trepiedi e il mio aiuto alla cappella. Una vista magnifica su tutto il Canavese, le montagne come sfondo, la Madonnina davanti a noi. Ci siamo fermati a dire il rosario, sedute sulla panchina di fianco, le ho scattato due foto per ricordo, abbiamo fatto una bevuta di acqua fresca e siamo tornate tranquille verso casa. Immagini stampate nella memoria, nel mio cuore e nella mia mente per sempre. Chiuderei con questa immagine il mio articolo, senza dimenticare di invitarvi tutti alla fiaccolata che ogni anno si celebra per l’occasione e ai festeggiamenti legati all’8 settembre. Per tutti quelli che regolarmente e con volontà passano davanti alla cappella correndo e magari si sono chiesti a chi fosse dedicata, e da quanto tempo fosse lì, spero possano adesso, attraverso queste parole, sapere qualcosa in più su Volpiano, sulla sua storia, legata a doppio filo con le nostre semplici vite e ai ricordi di ognuno: piccole storie che corrono parallele alle grandi storie.

Franca Furbatto

 

 

La cappella di San Michele – 29 settembre 2014

giovedì 23 ottobre 2014

Durante la festa di San Michele, con i tradizionali festeggiamenti organizzati dal borgo in modo pregevole e divertente, ho potuto ammirare la cappella dedicata al Santo. Sono stati fatti parecchi lavori, esternamente e internamente per mantenere  l’edificio in splendida forma. Le pareti tinteggiate di fresco, le conferiscono un aspetto lindo e luminoso all’interno; i colori caldi, pastello, forniscono all’esterno un aspetto elegante e accogliente. Grazie a nome di tutti noi volpianesi al gruppo di volontari che si occupano della cappella con tanta dedizione e passione.

Mi permetto di fornire alcune notizie sulla chiesetta di cui non si  conosce l’esatta data di costruzione , ma sembra dagli archivi diocesani, che risalga alla fine del 1600 circa. L’affresco dietro l’altare pare sia del 1685, secondo una relazione redatta durante una visita pastorale. Riprende  una Madonna con il bambino in braccio, in atto di porgerle una rosa;  ai piedi sulla sinistra l’immagine di San Michele, in atto di uccidere il drago e sulla sinistra c’è l’immagine di un domenicano, accompagnato da un cane con una torcia in bocca. Subito ho pensato a San Domenico, poi mi ha colpito l’immagine del cane con un plico in bocca arrotolato. Sono risalita ad una tesi di laurea di una studentessa di San Benigno, in cui chiariva la figura del domenicano: é San Domenico di Guzman, spagnolo, rappresentato nell’iconografia in compagnia di un cane che regge una torcia. Il Santo nacque nel 1170 a Calernega  (Spagna) e morì a Bologna nel 1221, dove fu sepolto. Fondò l’ordine dei predicatori erranti, sacerdoti che si spostavano di villaggio in villaggio per portare la parola di Dio. Fu incaricato dal Papa di combattere l’eresia catara nel sud della Francia e prestò la sua opera ad Avignone, Carcassone.ecc.  Non é un santo molto conosciuto: è protettoree degli astrologi, spesso rappresentato con una stella in fronte, ma più comunemente accompagnato dal cane con la torcia. E allora perchè scegliere proprio quel santo per la cittadina di Volpiano e legarlo alla figura dell’Arcangelo Michele? Forse fu una richiesta specifica del commitente della cappella, quella di rappresentare il santo? Oppure , piuttosto azzardata, l’ipotesi che il Santo possa essere passato da Volpiano, in epoca remota…..percorrendo la via francigena, che dalla Francia, attraverso il Piccolo San Bernardo, portava in Italia? Perchè a distanza di tanti anni dalla sua morte,avvenuta nel 1221,  rappresentare quasi quattrocento anni dopo la sua figura, nell’esecuzione dell’affresco? Valentina, l’esecutrice della tesi sulle cappelle di Volpiano, non ha trovato collegamenti o documenti che ne spiegassero la realizzazione e la scelta delle figure raffigurate. Sarebbe bello approfondire l’argomento con qualche studioso.

Bello anche il quadro appeso alla parete, di grosse dimensioni, ovale, che rappresenta San Michele, in procinto di uccidere il demonio e sullo sfondo un profilo della città di Volpiano, con i suoi due campanili, eseguito da Giuseppe Serra, datato 1879, o 1872? con dedica ” Alla mia città, Giuseppe Serra”. Il San Michele dipinto dal Serra é riconducibile alla figura del Santo eseguita da Guido Reni nel 1585, ritenuta una delle più belle esecuzioni dell’Arcangelo.

Chi era Giuseppe Serra? Un pittore dell’800 piemontese, presumo. Non ho trovato traccia di lui nel catalogo dei pittori piemontesi, ma vorrei approfondire la ricerca. Quella dedica poi “alla mia città” fa intendere che sia vissuto a Volpiano, se non addirittura nato. Altro argomento da sviluppare. Non si finisce mai di imparare e di conoscere il nostro territorio e gli interrogativi si moltiplicano.

“Per crescere bisogna guardare avanti senza paura, ma occorre, nello stesso tempo, conoscere e capire bene la propria storia Le esperienze delle persone che ci hanno preceduto, che ci hanno voluto bene, le loro speranze, le loro prove, sono un importante punto di riferimento per la nostra vita” per questo mi faceva piacere condividere con Voi queste mie scoperte e richiedere il Vostro contributo su eventuali notizie o ipotesi.

Alla prossima cappella!

 

Franca Furbatto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Franca Furbatto

 

Conoscete Ernesto Rayper?

domenica 4 maggio 2014

Ernesto Rayper - Brughiera Presso Volpiano

Brughiera a Volpiano – 1871, Ernesto Rayper

Passeggiando nei pressi di via Leinì, ho potuto notare una via dedicata a Rayper, pittore, e mi sono ricordata di aver letto questo nome tra i protagonisti della cosidetta “scuola Pittara, o di Rivara” su di un libro dedicato al Canavese.  Più che di scuola si può parlare di un gruppo di amici, accomunati dalla passione per la campagna, per la natura, per l’amicizia e per la pittura all’aria aperta, con qualche anticipo sugli impressionisti francesi. In effetti fu l’unico cenacolo artistico dell’ottocento in Piemonte. Ne facevano parte Pittara Carlo, fondatore e animatore del gruppo; Vittorio Avondo, autentica personalità; Alfredo D’Andrade, portoghese, avviato dal padre al commercio, si dedicò ben presto alla sua grande passione: la pittura; Ernesto Rayper, famoso per i suoi verdi densi e profondi, la delicatezza dei suoi grigi, morbidi e acquosi;  Federico Pasteris, animatore con il suo amico D’Andrade di ogni evento culturale e artistico torinese; Ernesto Bertea, fu uno dei più robusti coloristi piemontesi, quasi un precursore di Delleani, pur ispirandosi alla scuola di Fontanesi; Casimiro Teja, caricaturista, fondatore del giornale umoristico “il Pasquino” a cui si dedicò per quarant’anni, pittore per svago. Il luogo di ritrovo della combriccola era il castello di Rivara, il cui proprietario era il cavalier Carlo Ogliani, cognato di Pittara. Tutte le estati gli amici si ritrovavano per trascorrere piacevoli periodi in compagnia, spaziando per i paesi del Canavese e della Valle d’Aosta. Meta ricorrente delle loro scorribande erano varie località del Canavese, tra cui Volpiano, al termine della Vauda, attrezzati con busta di cuoio sul fianco con lapis e taccuino per gli schizzi rapidi, zaino in spalle con tutto il sacramentale bagaglio del pittore, scarpe chiodate, alte, lunghissimi bastoni ferrati e in capo inverosimili cappelli a piume, pronti a cogliere scorci caratteristici, vedute particolari, corsi d’acqua sui quali si rifletteva la luce del sole. “Con tornar dell’agosto” … la famosa marcia di Rivara, inventata dal Pittara e baldanzosamente cantata da tutti i compagni, imitando ciascuno la voce di uno strumento di banda, gli amici irrompevano festosi nei borghi tranquilli, come annuncio di una giornata lieta, ma anche di studi intensi e condivisi che riuscivano ad unire tutti in un unico modo di vedere la natura, di rappresentare la realtà, anche se fra loro convivevano artisti diversi fra di loro.  La collaborazione e l’amicizia durò vent’anni circa ed ebbe il momento più glorioso nel decennio tra il 1866 e il 1876. Morto Rayper, a soli trentatreanni, la compagnia gradatamente si sciolse per impegni diversi degli artisti. Proprio il nostro Rayper (Genova 1840 – 1873), si era recato in gioventù a Ginevra, colpito come molti altri dal “calamismo” per seguire la scuola del maestro Calame, ma ne era rimasto deluso. Ritornato in patria fu attratto sempre più dall’arte del Fontanesi, per cui quando era ospite a Rivara,  si recava  spesso a  Volpiano, dove il Fontanesi soggiornava, in compagnia di qualche allievo, per ritrarre le brughiere nella vicina Vauda. Dipinse così un’apprezzata acquaforte intitolata appunto “Brughiera a Volpiano”, pubblicata su “L’Arte in Italia” nel 1871. Divenne molto esperto in questa tecnica, ne sono testimonianza le splendide acqueforti pubblicate nei cinque anni successivi sempre su tale rivista internazionale, prodotta a Torino. Fu incisore e pittore, fondatore della scuola “grigio Liguria”, frequentatore della scuola toscana dei  macchiaioli, godette l’amicizia e la stima di Telemaco Signorini. Morì purtroppo giovanissimo per un cancro alla lingua, pianto dagli amici e artisti non solo piemontesi. Nel suo necrologio Tammar Luxoro, maestro e amico, scrisse di lui: “Il fare del Rayper era facile, elegante, il disegno pensato, il colorito robusto e vivace, pridiligeva i soggetti interessanti per la linea, la gaiezza della scena, i fiori dei prati, la natura allegra: era proprio il pittore che dipingeva sè stesso.”  Avete capito perchè Volpiano ha voluto rendergli omaggio, dedicandogli una via?

Si impara sempre qualcosa in più ogni giorno, basta mantenere le antenne alzate, gli occhi sgranati e la curiosità dei fanciulli, per cogliere i tanti spunti che la vita, le persone, i fatti, la cronaca, un libro ti possono offrire.

A proposito sarebbe bello sapere dove Fontanesi soggiornava, quando veniva a Volpiano, magari in uno degli Alberghi presenti in paese, oppure ospite di qualche Signore del posto…. Mi riprometto di cercare qualche risposta. Se avete notizie o suggerimenti sono ben accetti.

Franca Furbatto

L’opera di Guglielmo da Volpiano all’Europa

lunedì 17 marzo 2014

In questi giorni è stata inaugurata a Volpiano, presso Palazzo Oliveri, la mostra dedicata a Guglielmo da Volpiano, alla sua vita e alle sue opere. Questo nostro illustre concittadino, abate, vissuto a cavallo dell’anno 1000 ha dedicato la sua vita a testimoniare la sua fede, prestando la sua opera in numerosi monasteri in Italia, in Francia e nel resto dell’Europa. Personaggio ecclettico, dotato di forte personalità, intelligenza, dinamismo e rigore, ha viaggiato molto in vari stai europei; si è recato nove volte in Italia, Roma compresa, per portare la sua opera riformatrice.

E’ stato architetto, ingegnere, musicologo, educatore, personaggio estremamente versatile; capace di opere grandiose, come la ricostruzione della cattedrale di Digione o della costruzione dell’abbazia di Fruttuaria sulle sue terre.

Ma non voglio qui raccontarVi la vita di Guglielmo, voglio invece invitarVi a visitare la mostra aperta dal 26 marzo all’8 giugno tutte le domeniche dalle ore 10 alle 12,30.

La mostra è costituita da otto pannelli che illustrano l’opera di questo grande uomo e da otto dipinti realizzati dalla pittrice Lella Burzio che raffigurano i momenti più significativi della sua straordinaria vita.

La realizzazione di questa mostra é stata possibile grazie all’opera costante e approfondita degli amici dell’Associazione culturale “ Terra di Guglielmo “, che da dieci anni a questa parte lavorano alla valorizzazione e conoscenza di questa straordinaria figura. Nel 2009, grazie ad un bando provinciale, è stata realizzata una biblioteca storica, a palazzo Oliveri, accentrata principalmente sull’anno 1000, sul monachesimo, sul nostro territorio e sulle terre di Guglielmo; arricchita con opere importanti e preziosi volumi, nonché da libri recenti a disposizione dei cittadini. Determinante è stato, ancora una volta, il contributo della Provincia, per la realizzazione dell’attuale mostra, allestita per dare visibilità in forma permanente alla figura di Guglielmo e alla sua opera, testimonianza significativa che si integra perfettamente alle iniziative intraprese per festeggiare i mille anni della fondazione di Volpiano.

Franca Furbatto

gli artisti della seconda A (Ghirotti)

martedì 11 dicembre 2012

gli alunni della seconda A hanno fatto un laboratorio di lavori con argilla, hanno fatto gufi e gnomi, eccovi qualche gufo.

a me piacciono tantissimo!

bambini me ne fate uno anche a me?

gufi 2 A

gufo 2 A

LA Fèra ad Vùrpian

lunedì 5 novembre 2012

2612008234551_Foto antica Conf Volpiano

Questa mattina, durante una passeggiata, l’atmosfera nebbiosa rendeva il paesaggio ovattato e, nascondendo certe “ modernità”,  ben si conciliava con una rievocazione dei tempi passati.

Ecco la testimonianza integrale di un volpianese:

“Ogni primo lunedì di Maggio e di Novembre, a Volpiano si teneva la fiera

Allora, negli anni ’50, era prevalentemente agricola e come tale era ritenuta un avvenimento importante per la comunità locale.

Oltre le bancarelle,  disposte al centro del paese, c’era la grande fiera agricola che si disponeva attorno al camposanto vecchio (attuale piazza Madonna). Lì, mio padre con altri “particolari”*, con tanto di cappello e giacca, si trovavano per trattare, pesare, valutare e  vendere i propri prodotti: bestiame, meliga, “quarantina”, saggina ecc.

E’ bene ricordare che la saggina era una coltivazione complementare alle altre, in quanto permetteva di ricavare la graniglia per il bestiame e  la mappetta per fare le scope. Volpiano era uno dei massimi produttori di saggina nei dintorni.

Mentre racconto mi viene ancora da grattare, tanto sono vivi i ricordi della trebbiatura della graniglia.

La fiera era anche l’occasione per fare acquisti di attrezzature agricole: aratri, ferri, zoccoli, finimenti per animali ecc. Per i piccoli come me, era d’obbligo l’acquisto del torrone. Per inciso, anche ora che ho superato la sessantina, non passa fiera che non compri il torrone. Anche negli anni in cui ero lontano da Volpiano per motivi di lavoro, qualcuno della famiglia me lo comprava. Ha un sapore diverso il torrone della fiera, un gusto dolce/amaro come le radici profonde nate e cresciute nella terra dei “particolari”*

Ricordo che al ritorno da una fiera, mio padre posò orgogliosamente sul tavolo il suo acquisto: il CUER. Era nient’altro che la fodera di ferro nella quale veniva posta e tenuta bagnata, la pietra che affilava il ferro per tagliare l’erba. Allora mio padre era un uomo poco più che quarantenne e con una certa vanità, aveva comprato la cinghia nuova di cuoio chiaro, che indossata ricordava il cinturone dei cowboys con tanto di fondina e pietra al posto della pistola.

Curioso mi avvicinai all’aggeggio e con le piccole mani presi la pietra bella, nuova e colorata: Mi cadde e si ruppe in due pezzi. Era inservibile!  Mio padre , allibito, rimase senza parole, alla fine brontolò rassegnato: userò quella vecchia fino alla prossima fiera”

Michele Viola

* agricoltori che coltivavano le loro piccole proprietà sparse nel territorio.

ancora murales: nuovo impegno di insegnanti e genitori

martedì 10 luglio 2012

un gruppo di insegnanti e genitori ha portato a termine l’opera artistica di abbellimento dei dintorni della scuola elementare e dell’asilo  in via Carlo Alberto dalla Chiesa, un sacco di lavoro, fantasia e arte pe tutti (anche i bambini naturalmente!)

La ditta Sikkens ha fornito i materiali, l’entusiasmo non mancava, ed ecco i risultati che speriamo saranno apprezzati da bambini genitori e insegnanti ma anche dagli ospiti del centro Alzheimer che è proprio di fronte.

La conclusione dei lavori è sata un sabato mattina e qui le mamme hanno dato il meglio con delizie dolci e salate, grazie veramente a tutti quanti hanno reso possibile  quest’opera.

(ne ho scritto solo adesso perchè aspettavo le foto)

murales 2

IMG_4449

un nuovo giornale

giovedì 21 giugno 2012

a Volpiano c’è un nuovo giornale, un giornale on line fatto da giovani,  si chiama Scarabocchio Magazine, è ancora alle “prime pagine” ma sarè sicuramente iteressante seguirlo, eccovi l’indirizzo            http://www.scarabocchiomagazine.it/

Potete trovarci articoli e foto, guardatelo magari ci siete anche voi!

MONSIGNOR GILI E LA GUERRA

mercoledì 25 aprile 2012

Articolo pubblicato dal numero unico stampato nel 1946 in occasione dei festeggiamenti per l’elevazione di Monsignor Gili a Vescovo di Cesena sull’epoca della seconda guerra mondiale quando era vicario a Volpiano.

Monsignor Gili e la guerra

La guerra l’abbiamo sentita a Volpiano nel richiamo alle armi dei figli migliori, nell’esodo dalla città di migliaia di persone in cerca di un riparo, nelle vittime e nei soprusi. Ed anche Monsignor Gili subì i danni e le ingiurie della guerra. Dopo aver aperto, con la stessa casa parrocchiale, i locali di tutte le associazioni a quanti cercavano affannati un’abitazione,si vide negli ultimi tempi occupati ancora quelle poche stanze che costituivano lo stretto necessario per la vita dei suoi giovani dell’azione cattolica. Il 12 febbraio 1945 entravano infatti i reparti della folgore di stanza a Volpiano e il 13 seguente, per ultime ingiuria, tutti i mobili della sede venivano gettati dalla finestra nel cortile sottostante. Data di un increscioso ricordo nella storia dell’associazione San Guglielmo. Anche i locali del salone parrocchiale erano già stati requisiti fin dal novembre 1944 dagli stessi elementi che ne gestivano il cinema. Ma altri episodi ben più importanti si devono inserire nella storia di Volpiano.

Chi non ricorda la domenica triste del rosario 1 ottobre 1944? Potevano essere le 13.15 quando tutto il paese tranquillo nella pace meridiana viene invaso dalle truppe repubblicane. D’improvviso in casa parrocchiale ci si trova dinanzi il colonnello B. che arma in mano impone al vicario di ritenersi come ostaggio. Bloccato il paese da ogni parte, passa soldataglia per ogni casa e con lanci di bombe a mano e spari di moschetto, forzava tutti gli uomini a radunarsi nella piazza antistante la chiesa. Ogni uomo deve presentare i propri documenti e dichiarare la propria posizione. Con Monsignor Gili sono scelte a caso altre sette persone che si vogliono indiziare come favorevoli ai partigiani.  Che era successo? Un tenente della g.n.r., certo D. era stato fatto prigioniero dai partigiani presso la cascina San Giorgio in quel di Settimo, e la macchina che l’aveva prelevato era stata inseguita sino a Volpiano dove era stata persa di vista. Dunque, si diceva, l’ufficiale deve trovarsi a Volpiano e doveva ad ogni costo  restituirsi nel termine di quarantott’ore, pena l’incendio del paese e rappresaglie sugli ostaggi. Contro la prepotenza non valgono ragioni. Inutili le lacrime di quanti si vedono privati dei loro cari. Dopo una perquisizione minuta nei locali della parrocchia, gli ostaggi sono fatti salire su un autocarro, il vicario fra una scorta armata prende posto sulla macchina del comandante della spedizione, e si parte per Settimo per rinnovare altri soprusi e altri pianti. La sorte di Settimo si accomunava così a quella di Volpiano. Mentre colà si rinnovarono le stesse scene di Volpiano Monsignor Gili, guardato a vista, poteva amministrare il sacramento della penitenza ad uno di quegli stessi ufficiali. E la dolorosa comitiva s’ingrossa e raggiunge a Torino la caserma Valdocco per venire al mattino definitivamente internati nella caserma Cavalli. Lasciato libero sulla parola, il vicario potrà ogni giorno celebrare la messa nella chiesa di San Secondo per poi ritornare con i suoi compagni di sventura. Intanto a Volpiano si prende contatto con i partigiani della zona e si viene a conoscere che il tenente D, era stato condotto a San Giorgio Canavese. Ci si procura perciò un primo abboccamento nella parrocchia di San Benigno col comandante M. che è disposto a porre in libertà il ricercato dietro rilascio dei partigiani prigionieri. A Torino non si accetta lo  scambio ma si pretende la consegna dietro la semplice liberazione degli ostaggi. Nuovo ultimatum con minacce di più severe misure. E l’aspettativa si fa più ansiosa e trepidante. Dopo sei giorni di incertezze e di angosce, tra ultimati e dilazioni, dopo insistenze e promesse viene liberato presso San Giusto in un’imboscata tesa dai suoi ai partigiani dai quali, per tener fede alla parola data veniva condotto nel luogo convenuto per essere consegnato. Così nel pomeriggio del venerdì gli ostaggi di Settimo e di Volpiano potevano trionfalmente ritornare alle loro case.

Lunedì 9 ottobre 1944.

Al mattino nella nostra chiesa funzione di ringraziamento per l’avvenuta liberazione. La popolazione interviene affollatissima per dare una prova di stima e affetto verso il suo pastore. Ma nel pomeriggio della stessa giornata incominciano ad affluire a Volpiano truppe tedesche che si stabiliscono nei locali delle associazioni e nelle scuole. Per prima cosa Monsignor Gili è nuovamente trattenuto come ostaggio insieme ad altri cinque internati in una stanza del comune ma i tedeschi si fermano fortunatamente poco a Volpiano e questa seconda prigionia dura soltanto sino alla sera di martedì 10 ottobre. Quando le truppe lasciano il paese tutti i fermati vengono rilasciati in libertà al mattino.

Domenica 29 aprile 1945

Quando si parla di capitolazione e tutto il paese è imbandierato a festa comincia sin dal mattino l’invasione delle forze tedesche  in ritirata. Il comando si accampa a Villa Alpis. Alle ore 11 Monsignor Gili è chiamato dai partigiani al ponte Bendola perché lo vogliono invitare a trattare la resa. Quando arriva al posto indicato non trova più nessuno. Alle ore 14 vengono fermati sulla strada Cebrosa, provenienti da Torino, cinque partigiani. Si tratta con i tedeschi che esigono un forte quantitativo di cibarie per la loro libertà. La popolazione si unisce al vicario per procurare quanto è richiesto. Alle ore 16 mentre Monsignor Gili sta per salire sul pulpito per la solita istruzione viene nuovamente chiamato al comando tedesco che vuole in serata 50 biciclette sotto minaccia di incendiare il paese se non sono immediatamente consegnate Si discute e si addiviene a più miti consigli. Verso le 17.30  nuova chiamata del parroco soltanto perché raccomandi a tutti di non usare rappresaglie contro le truppe in fuga. Alle ore 20 vengono portati in casa parrocchiale i cinque partigiani arrestati in giornata perché siano custoditi sino al mattino seguente. Continua per tutto il lunedì il transito dei tedeschi in ritirata, i vari comandi si stabiliscono a turni diversi in casa parrocchiale ove il viavai si sussegue ininterrotto fino al pomeriggio del martedì. Verso le ore 20.30 di questo stesso giorno due forti detonazioni a breve scadenza annunziavano che i tedeschi si erano tagliati la ritirata facendo saltare i ponti del Malone e dell’Orco.

E così la miseranda storia ebbe fine.

Da “Testo unico” – Tipografia Maccone presso biblioteca “Terra di Guglielmo”.

Franca Furbatto